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Siamo sempre più convinti che il ruolo dell’ambientalismo sia proprio quello di dialogare per cambiare il modo di gestire il territorio. Un processo partecipato risulta più difficoltoso, a volte anche faticoso e spesso poco comprensibile ai più, ma può risultare maggiormente efficace e sostenibile nel lungo periodo, rispetto ad un processo di tipo gerarchico. La partecipazione delle comunità locali attraverso i propri sindaci, le associazioni ambientaliste, gli operatori economici, i cittadini, rappresenta uno strumento per dare vita ad una forma di gestione e di sviluppo sostenibile, Essa è infatti una valida alternativa di management, in cui i residenti contribuiscono a creare la strategia anzichè subirne gli effetti. Si deve sperimentare per trasformarla in prassi comune nella gestione delle aree protette regionali, come tutti i documenti internazionali spingono, non ultimo le dichiarazione del Congresso mondiale dei parchi a Sidney organizzato dell’IUCN nel 2014.
Tutto questo in Regione Abruzzo non è possibile e crediamo che non lo sarà ancora per diverso tempo; è passato il testo di legge regionale voluto da Di Matteo (al quale con i sindaci erano stati concordati importanti modifiche) e una riperimetrazione indecente per metodi e contenuti: una buona parte della Valle Subequana fuori dal parco, incredibilmente fuori tutto il fiume (eccetto il tratto di Fontecchio), fuori Tione (nonostante gli investimenti fatti) ed un bel pezzo di Goriano Sicoli e Gagliano, fuori dal parco Monte Rotondo fino a Rocca di Mezzo. Questa è la Regione Abruzzo: quella che aveva ed ha il controllo e la vigilanza sul “suo” Sirente Velino e che per anni si è limitata solo a “sistemare” presidenti senza intervenire nelle inefficienze e senza fare quegli atti che servivano a trasferire risorse a chi vive e lavora nelle aree protette, quella che si picca di essere “la regione dei parchi” e poi da qualche lustro non approva le norme per sic e zps (solo tre regioni in Italia non lo hanno fatto), rimandando indietro all’Europa ogni anno alcuni milioni di euro che dovevano essere trasferiti a chi vive e lavora nelle aree sic e zps per le compensazioni.
Ora con forza e determinazione le associazioni ambientaliste devono fare fronte comune per impedire che il parco venga ridotto a questo spezzatino e per romperne l’asservimento a politiche regionali di così basso profilo. Vanno subito rinnovati gli organi di gestione del Parco, mancanti da quasi due anni e la messa a punto dei confini deve essere a questo punto definita con la immediata approvazione del Piano del Parco, unico strumento per ridisegnare ed individuare il valore alle aree. La partita è ancora aperta.