
Gentile Direttore,
mi rifaccio alla lettera di oltre un mese fa, dove si diceva che i partiti politici sono travolti da scandali e corruzione, finalizzano le scelte alla cura dell’interesse e consenso elettorale personali, hanno interrotto ogni rapporto con la linfa vitale proveniente dalla società civile e sono incapaci di rappresentare la collettività.
Si osservava altresì che al momento le liste civiche non assurgono a idea-progetto forte per la città, i loro lavori di fondazione si svolgono con modalità troppo varie e obiettivi poco definiti e chiari, in modo non abbastanza ampio, credibile e praticabile e rischiano di creare una realtà che produce illusioni e non soluzioni.
Oggi, si sottolinea che il silenzio delle due realtà- vale a dire l’atteggiamento di non curanza delle tesi altrui ovvero che nessuno di loro si è sentito in dovere di esprimersi su questioni legate al futuro della nostra città - ha nei fatti avallato le predette osservazioni, alimentato la disaffezione verso i partiti, originato un alone negativo attorno alle liste. Ed è riconducibile alle ragioni storiche che hanno permesso nel tempo la selezione di troppe posizioni apicali territoriali da parte dei “veri capi che tirano le file da dietro le quinte”, non con il metodo del merito ma in base al grado di vicinanza alla partitocrazia e di accondiscendenza ai comandamenti della stessa. Le medesime ragioni che hanno impedito al territorio di comprendere appieno che la cultura valorizza i potenziali individuali e collettivi, favorisce la piena realizzazione della personalità dei cittadini e costituisce un efficace vettore dello sviluppo del territorio quale elemento basilare per motivare e guidare gli individui verso l’esplorazione del nuovo e garantire condivisione, facilità di accesso alla conoscenza e di comunicazione e dialogo.
Ora, il silenzio dei partiti non meraviglia più di tanto, perché ci hanno abituati all’assenza di dialogo e all’informazione scarsa e di convenienza, fino alla recondita alterazione degli enti locali in scuola di corruzione, attraverso l’utilizzo artificioso e strumentale dei seguenti istituti:
- autonomia degli enti locali introdotta con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, ponendo in essere infiniti regolamenti di organizzazione e svolgimento delle funzioni comunali, poco conformi all’ordinamento e in superamento del ruolo di fonte secondaria sottoposta alla Costituzione e alle leggi statali, generando i convincimenti: l’uno, l’ente locale può essere amministrato solo in violazione delle troppe disposizioni nazionali e nel rispetto delle regole (soprattutto non scritte) introdotte ad “arte” dallo stesso sistema; l’altro, si può operare in violazione delle disposizioni se la politica te lo chiede e ti assicura l’impunità;
- elezione diretta del Sindaco e aumento delle indennità agli Assessori, azzerando la dialettica democratica interna alle maggioranze, visto che gli assessori esternando disaccordo rischiano di essere sostituiti e di perdere le corpose indennità, riducendo la caduta delle Giunte ai soli casi d’intervento della Procura;
- potere di organizzazione, di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali e disciplinare, troppe volte revocando gli incarichi ai dirigenti preparati e corretti invece che a quelli incapaci e disonesti, incaricando non dirigenti preparati e onesti ma dirigenti di basso profilo disposti a soddisfare i fini reconditi della politica di turno, con i quali hanno poi stretto rapporti di collaborazione dannosi per la collettività, così pure con i “furbetti” che grazie all’appoggio alla campagna elettorale, divengono impiegati protetti e intoccabili e con il beneplacito della dirigenza ammanicata possono vidimare i tesserini per recarsi poi a fare i comodi propri ed erogare i servizi in modo autoreferenziale, e il dirigente serio che prova a redarguirli si ritrova revocato l’incarico da parte della politica di turno che ha fruito del loro appoggio elettorale con la promessa di vantaggi in ordine a carriera e aumenti retributivi;
- contrapposizione ideologica madre dello sviluppo economico ma anche dei tanti guai dell’Italia e del nostro comune, facendo credere in un gioco infinito di essere migliori l’una dell’altra fazione perché rappresentata da persone più oneste e brave, quando invece lo scopo è stato uno solo andare ad amministrare il Comune per fini che hanno poco o nulla a che fare con il bene comune e gli interessi collettivi. Fino a condurci a trasferire un poco alla volta la venerazione nei confronti di loro partiti sugli uomini politici e ad essere fortemente vincolati non già alle idee che questi esprimono ma alle persone, a prescindere da quello che dicono o fanno.L’incapacità di distinguere le idee dalle persone non ci ha fatto fare molta strada, è necessario perciò tornare a ragionare sulle idee, discutere sui temi e dare ragione a chi dice cose buone e giuste, e no obbligarsi ad essere con un partito o con un politico qualunque cosa dica o faccia, anche se la consideriamo errata.
Desta invece forte preoccupazione l’anomalo e autolesionista silenzio delle liste, per una serie di motivi.
Primo, la cittadinanza ha diritto di conoscere come si stanno muovendo le diverse realtà che si propongono alla futura amministrazione del Comune, sembra il caso di ricordare che alle liste è richiesto lo sforzo di presentarsi in modo nuovo, diverso e distinto dai partiti.
Secondo, il caso offriva ed offre loro la possibilità di dialogare con la società teramana su quanto stanno compiendo per “mandare a casa” gli autori dello sfascio cittadino e per riportare attorno ai tavoli operativi della città persone autentiche all’altezza del compito.
Terzo, esprime l’implicita volontà di volersi limitare ad elemosinare o ereditare le piccole percentuali di consenso liberate dalle disattenzioni dei partiti, e di rinunciare alla conquista dell’enorme percentuale di consenso rintracciabile nella delusione e rabbia nutrite dai cittadini verso la partitocrazia.
Allargando l’orizzonte, le best practices suggeriscono che le liste per immettersi sulla via della vittoria elettorale e del cambiamento della città, devono:
1. Organizzarsi su idee lontane dalle contrapposizioni antitetiche amico o nemico, vero o falso, comunista o fascista ovvero dai codici di idee predeterminate e strutturate, generando una logica e un proprio punto di vista sulle cose e i fatti locali originali e un nuovo modo di amministrare basato sul programma elettorale e logiche tematiche e di pensiero di rottura con il passato e quindi di rinnovamento;
2. Essere corredate di dinamismo intellettuale e carattere vincente, di un programma di risposte concrete per la città e il territorio e di azioni positive rivolte a quella parte della società che non ne può più di vivere in un mondo di raccomandazioni, favoritismi e deterioramento e di votare candidati imposti dai “soliti noti”, poco attendibili e inadatti e per questo non si reca più alle urne convinta che è ora di cambiare;
3. Essere consapevoli che non è cosa facile e non è nella possibilità di chicchessia amministrare bene un Comune, rendendolo attore della bellezza, libertà e civiltà della città affermando un nuovo modo di abitarla e una nuova forma di partecipazione sociale;
4. Essere provviste di una squadra (Sindaco, Giunta e Consiglieri) formata da cittadini che:
- vivono senza dogmi e pregiudizi e desiderano far parte di un raggruppamento non ideologico, sono esperti in materia di sviluppo e politiche locali industriali, urbane e culturali, sono in possesso di competenze specialistiche per creare le condizioni di crescita economica e di riduzione delle disparità e squilibri della città e del territorio e conoscono le complesse dinamiche interne dell’ente locale;
- portano esperienza nell’ente e no che vi si recano,- come i rappresentanti dei partiti - per acquisirla a discapito delle casse e dell’immagine dello stesso ente, disposti ad operare senza percepire le indennità con la passione e l’orgoglio di chi si sente omaggiato di amministrare la sua città;
- sanno che in Comune sono i dirigenti e il corpo impiegatizio (non i politici) a erogare i servizi, emettere gli atti di spesa e attuare le decisioni adottate dalla componente politica, ai quali impartiscono indirizzi e direttive chiari, assegnano obiettivi concreti e ambiziosi per l’ente e mutano il cattivo consolidato rapporto tra politica e gestione instaurando una diversa collaborazione, equilibrata, fattiva e di rispetto dei distinti ruoli, assoggettano la dirigenza alle proprie responsabilità penali, civili, amministrative e disciplinari; cittadini consapevoli che vanno in Comune per riorganizzare e rendere più funzionale la struttura amministrativa, a controllare e stimolare l’operato della dirigenza e non per sostituirsi ad essa nella gestione degli atti riducendola a mera firmataria degli stessi;
- sanno che per amministrare bene una città bisogna avere chiaro il concetto di ciò che si amministra, ossia che l’ente Comune è una comunione di persone che vivono, lavorano (quando ce l’hanno) e si realizzano nell’ambito del suo territorio, nel quale ognuno deve trovare la realizzazione dei propri interessi, vivere una vita appagante e trovare servizi, strutture e iniziative che lo aiutino a realizzare se stesso;
- sanno mettere mano allo stato di abbandono in cui versa la città, caratterizzato dalla mancata cura dei servizi e della vita quotidiana dei cittadini, dal sempre più intensivo sfruttamento a fini speculativi di risorse, spazi e luoghi che dovrebbero avere invece usi e indirizzi comuni e condivisi e dall’essere vittima dell’arroganza, della debolezza e della povertà di idee del sistema dei partiti;
- sanno che tra le tante incombenze vi è anche quella di far riguadagnare fiducia verso il Comune, persa ad opera del sistema dei partiti che ha imposto una gestione amministrativa tendente a ignorare i cittadini: come se l’amministrazione della città fosse al servizio dei poteri forti e non dei cittadini relegati all’immagine di spettatori inermi, creando mentalità distante dal diritto di cittadinanza e una conduzione familiare del nostro Comune.
Una squadra autorevole e lungimirante in grado di:
a) porre in essere decisioni e relazioni atte ad abbattere l’autoreferenzialità presente nel corpo impiegatizio inducendolo ad operare in sinergia e nel rispetto delle disposizioni, a coinvolgere gli impiegati seri che hanno da sempre rifiutato le lusinghe della politica ed erogato per dovere servizi validi all’utenza;
b) progettare, programmare e pianificare interventi innovativi e creativi di realizzazione di una città che non si accontenta del minimo indispensabile ma punta a essere una realtà più vivibile e socialmente attiva;
c) informatizzare le procedure amministrative al fine di una maggiore trasparenza, legalità e funzionalità del Comune;
d) recuperare risorse finanziarie, materiali ed umane, migliorando l’organizzazione e la funzionalità del Comune, finalizzando il bilancio all’interesse collettivo ottimizzandone le entrate e destinando le spese alla realizzazione di opere di prima necessità e d’interesse generale, scelte con il metodo della partecipazione popolare, ricercando instancabilmente finanziamenti europei e nazionali attraverso adeguata progettazione;
e) superare l’avversione della partitocrazia da un lato e l’ostruzionismo della struttura amministrativa dall’altro, vale a dire gli impedimenti che sta incontrando il Comune di Roma nel ridefinire i rapporti instaurati dalla partitocrazia, nel quale l’insufficiente conoscenza della macchina comunale da parte della Sindaca e dell’esecutivo sta consentendo al corpo impiegatizio di impedire il cambiamento perché vede sparire i guadagni extra di sempre.
Orbene, la situazione di Teramo si presta a una vittoria elettorale delle liste civiche, simile a quella ottenuta in Francia da un movimento nato da pochi mesi a discapito dei partiti tradizionali che hanno ricevuto una storica bocciatura.
Le liste civiche organizzate fuori da detti parametri sono un bluff per i cittadini, perché fondate non per risollevare le sorti della città ma per sostenere e procrastinare il sistema dei partiti ed essere trampolino di lancio di chi da tempo scalpita e attende il suo turno.
Cordiali saluti
F.to Antonio Flamminj