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Che cos'è il ridicolo? O meglio: che cos'è il senso del ridicolo? "Il ridicolo è l'arma che usano i vili contro gli innocenti, quelli che non hanno fatto niente di male e che quindi non danno alcuna scusa per poterli disprezzare", scrisse una discreta scrittrice italiana, in un suo racconto. Sì, è così. Il ridicolo è quello. E' questo che stiamo vivendo, noi teramani, in questo psicodramma collettivo che è la nostra politica comunale. Questo siamo: innocenti, che non hanno fatto niente, esposti al ridicolo dei vili che davvero si fanno beffe di noi. Vili, nel senso più vero del termine: incapaci di un atto di coraggio. L'unico possibile: andarsene. Restituire questa città alla scelta delle urne o alla salvifica azione di un commissario, che possa gestirla e gestirci senza la necessità di dover sottostare alle dissidenze dei falascocaccionici sbracciati, né ai malpancismi dodeschi, né alle tentazioni campaniane, né ai silenzi fracassiani, né alla disperata ricerca di tutti di entrare nel lampo di magnesio. Già, il lampo di magnesio. Ricordate le macchine fotografiche dei primi del '900, quelle che avevano il flash fatto col magnesio? Se eri fuori dal lampo, eri fuori dalla foto. Ed eri fuori dalla storia. Nella limitata percezione della storia che hanno i nostri amministratori comunali, abituati a scandire le ere nel rincorrersi delle elezioni, essere titolare di una poltrona conta. Conta più di tutto. E' il lampo di magnesio. Sfugge loro, ma non possiamo fargliene una colpa, che l'uso del ridicolo contro gli innocenti genera, in un perverso ma verificabile riflesso immediato, il boomerang dello specchio. E si cade vittima del senso del ridicolo. Fino alla comica finale, che è appena andata in onda. Il Comunicato col quale Brucchi scandisce la sua resa di fronte alla Storia, pensando in realtà di essersi consegnato all'eternità, è la comica finale. Quei nomi, gli stessi. Quelle deleghe, le stesse. Quelle ingessate alchimie di una paralisi politica ormai incancrenita, sono la dimostrazione del trionfo del ridicolo. In ogni sua possibile manifestazione. Quello che considera un atto di forza, è in realtà l'atto di resa di Brucchi, quello in cui ammette, una volta per tutte, che il vero motivo per il quale a Teramo non si vuole far arrivare il commissario, è che il Comune è già commissariato. Dai signori delle preferenze, che tengono Brucchi in ostaggio costringendolo, dopo mesi in cui è successo di tutto, a non toccare nulla. Una crisi cominciata con la nomina di nuovi assessori, perché quello era il modo per evitare la crisi, e che ha visto il Sindaco addirittura rassegnare le dimissioni, finisce con il nulla assoluto. Tutto è rimasto com'era. Ma sarebbe facile, adesso, scaricare tutta la colpa sul Palazzo. Facile, ma ingiusto. A consegnare a questa gente le chiavi, siamo stati noi. E soprattutto quelli di noi che hanno ceduto alle lusinghe di una nomina, alle promesse di un posto, alla possibilità di un privilegio, anche minimo. Quelli che, davanti all'evidenza di una politica senza visione, hanno accettato il compromesso del piccolo tornaconto personale, fregandosene del futuro collettivo, sono i veri responsabili. Perché esistano i signori delle preferenze, è necessario che qualcuno le esprima, quelle preferenze. E quel qualcuno siamo noi. Quelli di noi che hanno anteposto l'orticello all'agorà. Sono loro che, stasera, ci hanno definitivamente esposto al ridicolo. Il lampo di magnesio, stavolta, ci prende tutti. Nessuno si senta escluso. Ma non temete, è solo un attimo. Presto tutto ricomincerà: perché i numeri non ci sono, le poltrone non bastano, le idee mancano e la visione, quella poi.... Nell'attesa, visto che siamo alle comiche finali, un solo saluto, eterno quello sì, consegnato (quello sì) alla storia. "Arrivedorci..."