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Tra i due litiganti, il terzo sbaglia. In questa storia, paradossale e assurda, della gestione del Teatro Comunale, le colpe non sono né dell'Acs, né della Riccitelli. E' paradossale, perché una città che, un pugno di anni fa, quando l'Atam disponeva dei soldi e delle platee degli abruzzesi, questa  città rischiò quasi di restare senza stagione teatrale (oltre che senza un teatro) e oggi litiga per non averne due. Assurda perché, in una città così piccola, se davvero esistono le possibilità, le risorse e un pubblico per una doppia stagione, allora ci si dovrebbe battere per averla, non per evitarla. Ma si diceva della colpe. Già, le colpe. Un colpevole c'è, della situazione attuale, ed è chiaro ed identificabile: il Comune di Teramo. E questa, a ben guardare, non è che l'ennesima manifestazione del  singhiozzare culturale di un'amministrazione Comunale che, da qualche anno, ha fatto della cultura un argomento da "varie ed eventuali" a fine Consiglio. Tra i due litiganti, il terzo sbaglia. Nel bando della gara per l'affidamento della gestione, infatti, si legge espressamente che nella formazione del punteggio, il requisito della "Qualità di gestione del servizio con particolare riferimento anche all'offerta culturale", che concede fino ad un massimo di 20 punti, risente anche delle manifestazioni di Prosa organizzate. Prosa. Se il Comune avesse voluto riservare l'esclusiva alla Riccitelli, o evitare doppie stagioni, avrebbe dovuto escluderlo, non premiarlo. E non solo: nella proposta gestionale dell'Acs, a pagina 10 dell'allegato sulla "gestione del servizio", si legge: «Stagioni di Prosa - In continuità con la stagione di prosa che vede una larga partecipazione pubblica...» e si prevedono "24 spettacoli di Presoa, 3 di Teatro comico, 8 di teatro contemporaneo". Dunque, il Comune sapeva perfettamente che la proposta dell'Acs ospitava anche una stagione teatrale, e sapeva che il progetto prevedeva che fosse organizzata "in continuità" non in affiancamento. Se tutto questo "gioca" a favore dell'Acs, va detto che a favore della Riccitelli "gioca", invece, il fatto che il Comune, nell'art. 7 del bando, prevede "Dovranno riservarsi al Comune 20 giornate annue al titolo gratuito, comprendendovi almeno due domeniche, e con esclusione del periodo 16 dicembre - 8 gennaio. Le stesse potranno essere utilizzate direttamente dall'Ente o da altri soggetti dallo stesso designati, per l'espletamento di attività eventualmente anche simili e/o affini a quelle svolte dal concessionario e tali da poter essere considerate rispetto ad esse concorrenziali". Dunque, l'Acs sapeva perfettamente, partecipando, che il Comune avrebbe potuto concedere il teatro ad attività concorrenziali. E non solo, visto  che il bando prevede che il Comune richieda le proprie giornate con un preavviso di almeno 20 giorni e, con una lettera del 27 aprile, l'assessore Provvisiero indica alla Acs tutte le date necessarie al Comune per la stagione della Riccitelli. Da novembre ad aprile. Ricapitolando: ha ragione la Acs, nel pretendere la sua stagione e ha ragione la Riccitelli, nel pretendere le sue serate. Chi di certo non ha ragione, per aver catapultato Teramo in questa ennesima sabbia mobile amministrativo/burocratica/teatrale, è il Comune, che adesso deve cercare di uscirne, mentre tra Acs e Riccitelli volano stracci e carte da bollo. Benvenuti nella Città candidata a Capitale della Cultura.