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E’ dal 2015 che il governo Renzi ha posto in essere la riorganizzazione dei presidi sanitari su tutto il suolo nazionale; il Decreto Bladuzzi-Lorenzin è stato emanato esattamente il 2 aprile 2015. I lavori in regione vanno avanti da mesi eppure, qui nel territorio provinciale di Teramo, non sembra vedersi luce in fondo al tunnel. La domanda ci sorge spontanea: se tutte le forze politiche comunali viaggiano unite e compatte lungo l’autostrada del SI al nuovo ospedale in zona limitrofa al centro, perché nessuno fa niente? Perché mentre sulla costa si attivano presidi h24 mobilitati alla trincerocrazia, e a Teramo la sterilità apatica la fa da padrone? E ancora, perché  i centri deputati ancora non sono riusciti a trovare, in una concertazione produttiva e non nei soliti “tavoli da buffet”, un progetto strategico da presentare in Regione? A questo punto analizzata la situazione ci sorge spontanea una domanda, forse anche maligna ma tant’è (come si dice? A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina): chi è che non vuole l’ospedale a Teramo? E'quanto sostiene in una nota l'associazione BigBang Teramo. Essì, perché a quanto pare l’inerzia della politica e degli apparati incancreniti dalla burocrazia a-decisoria sembra fatta a posta. Mentre a Giulianova si è data vita a una battaglia senza fine, qui nel comune di Teramo tutto tace e come sempre noi siamo qui a dare la sveglia. Stiamo assistendo a una situazione paradossale: abbiamo praticamente tutto. Abbiamo 85 miliardi, con cui la Regione tramite un progect financing, finanzierà l’obbligatorio nuovo ospedale; abbiamo svariati progetti, leva di Archimede per shock positivi all’economia del territorio; abbiamo numerose aziende che non aspettano altro che partano lavori del genere per ridare fiato alle casse dimagrite dal rinsecchimento della economia teramana, ma sembriamo non avere la volontà. Una volontà politica. Stiamo perdendo una partita decisiva per nostro volere, non per altrui virtù. Nessuno vuole togliere centri di prima assistenza. Lungi da noi, ferrei amanti e difensori del welfare state europeo crocifisso nelle ultime decadi, appoggiare una riforma liberticida dai sacrosanti diritti necessariamente garantiti da uno Stato. La razionalizzazione voluta dall’ex governo però, ha deciso di riammodernare e riaccorpare gli istituti sanitari, razionalizzando le risorse e cercando di destinare il margine sottratto agli sprechi, a una maggiore implementazione specialistica e tecnologica. Tornare a essere i numeri uno nel Centro-Sud, ecco la nostra volontà. Ecco ciò a cui bisogna tendere, ecco a cui noi proiettiamo la nostra attenzione: minori sprechi, maggiori risorse da spendere in avanzamento tecnologico-specialistico in un polo strategicamente puntuale come Teramo. Non solo di primo livello, ma la possibilità di concertare con L’Aquila un sistema di Secondo livello ( uno spazio che la norma ha gioco-forza lasciato vuoto ) sarebbe un’occasione troppo ghiotta per lasciarcela scappare. Siamo semplicemente costernati, e un pizzico scoraggiati, da quello che sta accadendo intorno a noi. Sembra che tutto passi, che tutto scorra sopra di noi, non toccandoci e di riflesso non interessandoci. Qui si sta giocando con le vite delle persone, con il nostro futuro e sembra che nessuno lo capisca. O meglio, sembra davvero che il destino di Teramo sia stato barattato con futili tornaconti personalistici. Abbiamo necessità di dismettere le lenti offuscatrici della realtà per montare quelle della pragmatica necessità: i soldi stanziati nel Piano Sanitario devono essere rimessi sul tavolo perché affianco alla costruzione del nuovo ospedale questo dovrà avere uno standard qualitativo d’eccellenza e d’efficacia, che incentivi i flussi in entrata e blocchi l’emorragia di personale qualificato – fuggito in località dove la sanità è sinonimo di efficienza e ricerca- e di utenti bisognosi. Come ricordato nel nostro Convegno “Diritto alla salute e nuovo ospedale”, tenutosi il 9 giugno di quest’anno dal Dottore, il Professor, Luigi Ponziani a Teramo l’ospedale è più che una necessità: è un obbligo. È radicato in essa, è storia. Parte quasi culturale della città. Proprio quella cultura, per cui ci siamo estemporaneamente candidati, conclude l'associazione BigBang Teramo.