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Domani, sabato 18 novembre, alle ore 17.00 sarà inaugurata ad Atri, nelle sale delle Scuderie Ducali di Palazzo Acquaviva, la mostra di Guy Lydster Il Delta dell’Occhio. La personale di Atri è la prima in assoluto in Abruzzo dell’artista neozelandese che vive e lavora a Bologna: le sue opere, famose le sue “headscapes”, le teste-paesaggio, presenti anche ad Atri, lo hanno ormai imposto all’attenzione della critica come uno degli scultori più interessanti del panorama artistico italiano. La mostra, organizzata da Paolo Quartapelle e Pasquale Bonomo (Associazione Babajaga) e curata da Giuseppe Bacci, sarà visitabile fino al 12 gennaio del prossimo anno, tutti i giorni, tranne il lunedì, dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.00. La presentazione delle opere di Lydster, domani, sarà accompagnata anche dalla musica, grazie alla presenza del Giacinto Cistola Jazz Trio, formazione composta da Giacinto Cistola alla chitarra, Dario Di Giammartino alla batteria e Pierpaolo Pica al basso. E un , Big Wide Eye, per usare le parole dell’artista, accoglierà i visitatori nel cortile d’ingresso di Palazzo Acquaviva. Lo scultore Guy Lydster nasce ad Auckland, in Nuova Zelanda, nel 1955. Nel 1963 si trasferisce con la famiglia a Vancouver, in Canada. Negli anni Settanta, dopo la laurea alla University of British Columbia, intraprende gli studi teatrali alla American Academy of Dramatic Arts a Pasadena, California. Durante questo periodo si avvicina alla pittura, sebbene una volta tornato a Vancouver si iscriva alla School of Sculpture della Emily Carr School of Fine Arts. Nei primi anni Ottanta decide di proseguire gli studi di scultura all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Al momento vive e lavora a Bologna. Fra i maestri del Novecento, grande importanza ricopriranno per lui Henry Moore, Alberto Giacometti e in particolar modo Constantin Brancusi. Nei lavori di questi artisti ritroverà l'armonia con la natura e l'enfasi su un disegno essenziale. Non meno significativa è l'influenza del contatto con l'arte nativa: incisioni eschimesi e i totem della tribù Haida provenienti dalla stessa British Columbia, ma soprattutto le teste Maori intagliate nel legno e le imponenti figure dell'Isola di Pasqua. Dopo gli studi, il lavoro di Lydster ha seguito tre linee interpretative principali: la testa (“head”), il paesaggio (“landscape”) e l'animale (“animal”). In seguito, ha tentato di arrivare a una sintesi di queste tre tendenze condensandole in un'unica forma: “Headscape”. Il concetto di “Headscape” deriva dalla fusione delle sillabe dei due termini inglesi “head” e “landscape”. La ragione di questo neologismo risiede nella descrizione del rapporto fra la testa e la terra, la mente e il paesaggio che ci circonda; indica un'interpretazione scultorea dell'interazione fra la testa dell'uomo, o mente, e il mondo naturale. Come l'immagine stilizzata di un albero, la superficie sferica della testa si presta alla percezione di un ricordo del mondo naturale che sia “a tutto tondo”. Nei segni incisi sul capo l'occhio incontra l'essenza dell'ambiente, custodito nelle profondità della memoria stessa. Queste braci vive del passato sono la fiamma nascosta dell'identità individuale: la loro funzione è quella di illuminare la transizione fra impressione e memoria profonda, dove un frammento di infinito è radicato nei recessi dell'anima.