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Sono due le ordinanze, ma solo ultime di una lunga serie, che di nuovo paralizzano e mortificano la montagna abruzzese. Firmate dai Sindaci, in nome della sicurezza, ma di una sicurezza che sa di castrazione e isolamento. La prima è del Sindaco dell'Aquila: "Ordinanza n. 1 del 19.01.2017 “ Divieto del fuoripista o su terreno d’avventura su tutti i versanti del Gran Sasso nonché altre eventuali presenze umane al di fuori delle piste battute ricadenti il territorio comunale”. La seconda è del Sindaco di Fano Adriano: "Regolamentazione sci fuori pista ed escursionismo Comprensorio montano Fano Adriano, il Sindaco  ordina dalla data odierna (9 gennaio 2018), fino a revoca della presente a tutti i frequentatori del comprensorio montano di questo Comune (Monte Corvo – Le Renare – Valle Venacquaro – Concia Capevelle – Vallone Fosso del Monte – Malecupo – Valle Crivellaro – Colle Andreole- Bosco Vadillo - Rifugio del Monte), il divieto assoluto di effettuare qualsiasi attività di tipo escursionistico e scialpinistico, nelle zone al di fuori delle aree sciabili, fino al perdurare della situazione di pericolo marcato 3 o superiore (forte 4 o molto forte 5), fatti salvi provvedimenti più restrittivi”. A citarle, è la guida alpina Pasquale Iannetti, che le commenta e le critica, con un suo intervento che certastampa ospita con piacere.   Per un Sindaco di un Comune è facile risolvere i problemi emettendo una Ordinanza e molti di questi credono che poi stanno a posto con la coscienza e non provvedono a rimuovere il pericolo lasciando che per anni l’Ordinanza resti in vigore.

 Negli ultimi anni abbiamo assistito non inermi e contrastando con svariati ricorsi le Ordinanze illegittime di alcuni Sindaci i quali non comprendono che, la montagna è uno spazio di libertà e non di coercizione, come tale comporta un elevato senso di responsabilità e c’è bisogno di conoscenza e competenza. 

Con questo principio non si può regolamentare la frequentazione delle montagne perché questo comporterebbe una limitazione della libertà di accesso che è uno dei capisaldi di tutte le attività che si praticano in montagna (alpinismo, sci-alpinismo, fondo, escursionismo ecc.). 

L’irresponsabilità di alcuni non può essere pagata da tutti gli altri. La sicurezza in montagna non aumenta con le sanzioni per chi provoca le valanghe, ma solo attraverso il lavoro di formazione, prevenzione, ed informazione svolto dalle scuole del CAI e da quelle delle Guide Alpine. 

Vi è stato un solo caso in cui un ricorso presentato al Prefetto è stato accolto. Siamo nel 2009 quando il Sindaco di Pietracamela, Antonio Di Giustino emetteva l’ordinanza n. 28 del 02.01.2009. Il provvedimento imponeva il “divieto delle attività sci-alpinistiche sull’intero territorio di un Comune.” 
Denunciai il fatto al Prefetto di Teramo che obbligò il Sindaco Di Giustino a modificare l’ordinanza vietando il solo sci fuori pista sui terreni limitrofi al bacino sciistico dei Prati di Tivo. Non sono aprioristicamente contrario a norme per il miglioramento della sicurezza in montagna, ma non è per questo che si può tollerare la superficialità dei Sindaci che emettono ordinanze di divieto illegittime sull’onda della emotività e senza essere suffragate da reali pericoli che possano realmente compromettere la vita delle persone e provocare danni materiali. Questa è una riflessione del giornalista Stefano Ardito: L’Abruzzo è una terra di montagne. E il senso dell’andare in montagna, o per mare, sta nella libertà di sfidare la natura (la roccia, la neve, le onde..), un clima e delle condizioni che possono cambiare in pochi minuti. Non si tratta di sfide alla cieca, ma di sfide intelligenti, ispirate al rispetto, alla conoscenza dell’ambiente, alla valorizzazione dell’esperienza propria e degli altri. Chi teme di andare in montagna oltre i propri limiti sa di potersi affidare a un amico più esperto, a una scuola del CAI, a una guida alpina. 
Migliaia di appassionati di tutta l’Italia centrale, tutto l’anno, fanno questo sulle rocce, sulle vette e sulle nevi dell’Abruzzo. Altri, numerosi anche loro, arrivano da più lontano. Tutti portano reddito agli abruzzesi che lavorano in fondovalle e ad alta quota nelle aree più selvagge di questa splendida terra.

La rabbia poi esplode quando chi dovrebbe scendere in campo a difendere i nostri diritti non lo fa. Mi riferisco in primo luogo al Club Alpino Italiano che ignorando la cosa fa un grosso torto ai propri associati, al Collegio delle Guide Alpine che nulla fa per difendere il lavoro delle Guide e degli Accompagnatori di media Montagna e non lo fanno le istituzioni preposte ovvero l’Assessorato per il Turismo della Regione Abruzzo. Con una nota di tristezza chiudo questa riflessione quando giorni fa ho letto l’ordinanza del Comune di Fano Adriano che vieta su tutto il territorio del suo Comune. L’ordinanza emessa il 31 gennaio 2017, sempre sulla lunga onda della tragedia di Rigopiano ancora è in vigore.

Pasquale Iannetti