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di Serafino Pulcini

 

A prescindere, e con il dovuto rispetto, dalle persone candidate al parlamento nei collegi che riguardano Teramo Capoluogo e la sua Provincia, il sistema decisionale che ha imposto le candidature sul nostro territorio merita un’attenta riflessione politica. Molti hanno attribuito il venir meno delle candidature più rappresentative del nostro capoluogo al potere cinico e spregiudicato delle sedi dei partiti nazionali che hanno badato solo alle “poltrone” di singoli personaggi, senza tener conto delle persone che realmente avrebbero potuto rappresentare al meglio il territorio.

A parer mio, se s’inquadra la questione in una semplicistica lotta di “poltrone” e nel fatto che Teramo sia diventata la “cenerentola” d’Italia, non si centra il problema e ci si allontana dalla verità politica del fenomeno che non riguarda solo Teramo ed è molto più grave di quanto si possa immaginare.

Il fenomeno di catapultare i candidati dall’esterno sui territori, assente nella prima repubblica e nel sistema proporzionale puro, inizia a manifestarsi dopo la prima esperienza del sistema maggioritario che si ebbe con la XII legislatura (1994-1996). Infatti, le candidature, come quella del sottoscritto, furono in quell’occasione tutte decise dalle sedi locali dei partiti. Ricordo che la legge elettorale all’epoca vigente era il famoso “mattarellum” la quale prevedeva che il 75 per cento dei membri del parlamento fossero eletti col sistema maggioritario, mentre il 25 per cento con il sistema proporzionale. La legge prevedeva inoltre un principio democratico senza precedenti: ogni cittadino poteva candidarsi in un collegio maggioritario previa raccolta di 1500 firme. Il parlamento eletto in quell’occasione fu sciolto anticipatamente perché la maggior parte degli eletti con il sistema maggioritario non erano facilmente gestibili dai veri centri decisionali. Nella legislatura successiva, più del cinquanta per cento dei parlamentari in carica non furono ricandidati o rieletti e tutte le candidature del territorio furono decise dalle segreterie nazionali dei partiti al servizio dei cosiddetti “poteri forti” ed ebbe inizio l’imposizione di candidati esterni al territorio. Questo accentramento decisionale non fu sufficiente perché, in ogni caso, quella legge era “troppo pericolosa” per i “poteri forti” perché vi era sempre la possibilità per ogni cittadino di candidarsi, senza il supporto di nessun partito, nei collegi maggioritari. Oggi, con la crisi che c’è dei partiti, quella norma avrebbe avuto concrete possibilità di applicazione. Quindi, successivamente, la legge fu cambiata con il noto “porcellum” che di fatto consentiva al potere di ottenere un parlamento di nominati e non di eletti. Il “porcellum” nell’ultima legislatura è stato dichiarato incostituzionale mentre l’ultima legge approvata dal Parlamento, il “rosatellum” non è molto diverso da esso e pertanto il prossimo 4 marzo si avrà, ancora una volta, un Parlamento di “nominati” e non di eletti.

Questo sistema ha aiutato l’Italia a diventare una colonia delle “lobby finanziarie” e la nostra Teramo ne evidenzia gli effetti con il totale svuotamento di tutte le strutture pubbliche avvenuto negli ultimi decenni: Caserma degli Alpini, Banca d’Italia, Centro Monopolio Tabacchi, Servizi Telefonici ecc.

Occorre opporsi strenuamente a questo cinico disegno di schiavizzazione dei popoli e auspico che da Teramo capoluogo, con i cittadini tutti coinvolti in un grande e dirompente “laboratorio civico”, si possa innescare la riscossa verso il cambiamento.