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Dal 25 settembre a oggi nei 56 Comuni del vecchio cratere sismico sono state istruite solo 40 pratiche, su un totale di 2.500. Di questo passo, dicono i sindaci del cratere che abbraccia le province di L'Aquila, Teramo e Pescara, ci vorranno 20 anni per ricostruire. La ricostruzione, quella del terremoto del 2009 che ha colpito il capoluogo abruzzese e circa 200 Comuni dell'intera regione, sta rallentando. Troppi gli intoppi burocratici che inceppano gli ingranaggi di una governance inaugurata cinque anni fa con la "legge Barca" sulla ricostruzione, da cui nacquero i due uffici speciali: quello dell'Aquila e quello di Fossa. Un rallentamento che si traduce in case inagibili e centri storici disabitati, con 4mila persone ancora sfollate dentro ai confini del cratere. La causa del rallentamento è soprattutto la carenza di personale. A denunciarlo sono sempre i sindaci orami disperati. I tecnici assunti per la ricostruzione negli 8 Utr (gli Uffici territoriali), sono scesi dai 72 previsti ai 49 attuali. Una diaspora, per le più svariate ragioni: malattie, maternità, trasferimenti in altre sedi ministeriali, oppure perché nel frattempo hanno vinto altri concorsi pubblici. C'è un altro fenomeno che rallenta l'apertura dei cantieri: la lentezza con cui i progettisti integrano le pratiche, circa 500, spesso consegnate in modo incompleto e per questo bisognose di ulteriori documenti che tardano ad arrivare. Per non parlare della tendenza degli studi professionali ad accentrare i progetti.