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Assolto. Anche in Appello. E dopo che la Cassazione aveva negato alla Procura di Pescara il ricorso “per saltum”. Assolto. Lanfranco Venturoni, otto anni dopo l’arresto, recapitatogli a casa mentre era assessore regionale alla Sanità, otto anni dopo quella pioggia di accuse che andavano dall’abuso d’ufficio al peculato, fino alla corruzione, è stato assolto. “Perché il fatto non sussiste”. Otto anni di processi, per arrivare ad una assoluzione che è molto più di un “non hanno colpa”, perché tutto si è retto, per otto anni, su un’ipotesi di reato che reato non era. Assolto, dopo otto anni, Lanfranco Venturoni è stato assolto. L’inchiesta era quella della “Rifiutopoli” teramana ed aveva preso le mosse dall’ipotesi di costruzione di un bioessiccatore nel teramano. Secondo la tesi accusatoria, gli indagati, a vario titolo, avrebbero commesso una serie di illeciti per la realizzazione dell'impianto di bioessiccazione su un territorio di proprietà della Team. Sempre secondo gli inquirenti si sarebbe lavorato per avvantaggiare l'imprenditore dei rifiuti Rodolfo Di Zio al quale sarebbero poi stati affidati lavori tramite un appalto diretto e non una regolare gara pubblica. Tutto si reggeva sulla certezza, da parte della Procura, che la TeAm fosse una società pubblica, mentre la peculiarità della partecipata consentiva esattamente questo genere di iniziative imprenditoriali. Gli arresti erano scattati nel 2010 dopo due anni di indagini e questa, dalla stessa Procura, venne definita “una delle inchieste più importanti mai realizzate in Abruzzo”. Tutti assolti. Già nel 2015 in primo grado, il giudice del tribunale collegiale di Pescara, Angelo Zaccagnini, aveva assolto «perché il fatto non sussiste» l'ex assessore regionale Lanfranco Venturoni, l'imprenditore Rodolfo Di Zio e il deputato di Forza Italia Fabrizio Di Stefano. Erano stati invece assolti «per non aver commesso il fatto» l'imprenditore Ferdinando Ettore Di Zio e l'ex amministratore delegato della società Team Teramo Ambiente Vittorio Cardarella. I pm Gennaro Varone e Anna Rita Mantini, nella loro requisitoria, avevano chiesto cinque di reclusione a testa per Venturoni e Rodolfo Di Zio, un anno e sei mesi per Di Stefano e l'assoluzione per Cardarella e Ferdinando Ettore Di Zio. Dopo la sentenza di primo grado, la Procura, evidentemente certa delle proprie tesi, aveva proposto ricorso “per saltum”, direttamente in Cassazione, ma la Suprema Corte non aveva accolto il ricorso, inviando tutto alla Corte d’Appello. Oggi, nella prima udienza, è stato lo stesso Procuratore, quindi il rappresentante dell’accusa, a chiedere la conferma della sentenza di primo grado. Finisce così, dopo otto anni, il caso Rifiutopoli. «Otto anni di pensieri, di notti insonni, di processi, di preoccupazioni… otto anni perduti per dimostrare di aver lavorato con onestà - commenta Lanfranco Venturoni - otto anni con l’immagine personale, costruita con impegni e sacrifici, distrutta per “un fatto che non sussiste…» E’ la fine di un incubo? «Sì, anche se ci vorrà un po’ di tempo per dimenticare tutto, semmai ci riuscirò - risponde l’ex assessore regionale - ma voglio ringraziare i miei avvocati, Lino Nisii e Guglielmo Marconi, che sono stati molto più che due professionisti, così come tutte le persone, amici veri, che mi sono state vicine e non hanno mai dubitato della mia onestà».