di ANTONIO D’AMORE
Questo articolo lo si può scrivere in due modi. In un modo “politicamente corretto”, facendo la cronaca sterile di quello che è stata l’assemblea pubblica dell’Alleanza Civica per Teramo. Oppure lo si può scrivere in un modo “politicamente vero”, cioè andando un passetto oltre la cronaca, con il commento. Nell’indecisione, lo faremo in tutti e due i modi, distinguendoli.
MODO 1 - LA CRONACA
Introdotta da un video realizzato da Walter Nanni (
guardalo qui), dedicato alla Teramo “provata” da dieci anni di amministrazione di Centrodestra, e davanti ad una platea affollata, ma senza problemi di posti a sedere, si è tenuta questa sera la pubblica assemblea di Alleanza Civica per Teramo. Cinque le liste che si riconoscono sotto le insegne di AC: Rialzati Teramo di Vincenzo Cipolletti, Libera Teramo dell’ex assessore Berardo Rabbuffo, Teramo Vive di Valdo Di Bonaventura, Carmine Di Giandomenico e Paolo Di Sabatino, Socialisti per il Lavoro di Nino Pace e Teramo 3.0 di Maria Cristina Marroni. I referenti delle liste hanno spiegato in breve il senso del loro impegno, poi è stato ufficializzato l’appoggio al candidato Sindaco Gianguido D’Alberto, che nel suo discorso ha profilato i dettagli, sia pure in maniera inevitabilmente sbrigativa, del suo programma.
MODO 2 - IL COMMENTO
Escludendo quello del candidato D’Alberto, che potrete seguire alla fine di questo articolo, se non fosse stato per l’intervento della Marroni, di gran lunga l’unico con una connotazione politica, l’assemblea di questa sera sarebbe stata un’esperienza surreale. Di fronte ad una platea fin troppo adulta, per non dire largamente anziana (nulla togliendo agli anziani, ma il civismo si nutre anche della vivacità dei giovani), è andata in scena una recita triste, infarcita di luoghi comuni, addobbata di populismi a buon mercato e scandalosamente priva di memoria a lungo termine. Sentire l’ex vicesindaco Berardo Rabbuffo, che critica i danni del Lotto Zero e racconta la città come se non fosse stato tra i protagonisti del Modello Teramo, o Mauro Baiocco che auspica una città popolata di artisti, dopo aver regalato alla storia quell’occupazione dell’ex Oviesse, annunciata quale seme di una rivoluzione culturale, poi giustamente premiata dagli elettori con uno dei più grandi insuccessi elettorali della storia politica teramana, è come voler fingere di essere arrivati in città da dieci minuti. Eppure Rabbuffo pontifica, Baiocco teorizza, mentre Cipolletti offre alla platea litanie di una Teramo “Miglior città del mondo”, nella quale si mangia benissimo, con inevitabile citazione delle Virtù, spolverate di “siamo tra il mare e la montagna” e via luogocomunando. Valdo tenta di alzare un po’ il tono, ma parla troppo poco, e addirittura pochissimo, giusto un saluto, è quello di Carmine Di Giandomenico e Paolo Di Sabatino, che hanno - lo sappiamo per conoscenza diretta - una loro “visione” della città, ma che in questa assemblea sembravano un po’ spiazzati dal tono, davvero bassissimo dell’offerta politica altrui. Ed è un peccato, perché quella di Teramo Vive può essere una bella esperienza politica, ma in questa alleanza ci sta come la besciamella sulle Virtù, tanto per stare in tema. Giusto una citazione per Nino Pace, romanticamente arroccato sul ricordo di un garofano che sopravvive solo sul suo simbolo e su una lapide di Hammamet. Addirittura spiazzante l’euforia con la quale l’ex assessore Giovanni Luzii, dimissionato da Brucchi che gli aveva affidato l’assessorato alle politiche comunitarie, si vanta di essere «L’autore di metà della lista di Teramo 3.0» e aspettiamo con ansia l’esito delle urne, per attribuirgli il giusto merito. Una curiosità, in sala c’era Dodo Di Sabatino, qualcuno dice per curiosità, qualcuno dice che starebbe valutando un ingresso nell’Allenza Civica. Registriamo che c’era, si capirà perché… ma fossimo in Covelli, un po’ di preoccupazione ci sarebbe venuta.
CONCLUSIONI
L’idea civica della partecipazione è un valore. Se è di valore il contributo di idee della persona che si fa portatrice di quella carica partecipativa. Non conosciamo i nomi dei candidati delle cinque liste, che ad occhio e croce dovrebbero essere quasi centocinquanta, ma se il pesce si giudica dalla testa, allora qualche perplessità è doveroso esprimerla. Esistono, in questa idea di Alleanza Civica, persone di sicuro valore, capaci di poter dare il loro contributo vero, quali Paolo Di Sabatino, Carmine Di Giandomenico, la stessa ottima Maria Cristina Marroni, ma che non hanno nulla a che spartire con persone che hanno già fatto parte di esperienze amministrative non esaltanti, o che hanno confuso la diffamazione con il dialogo, o che si sono sentite depositarie di una verità assoluta, prima di risvegliarsi a trombatura elettorale avvenuta. Il candidato Sindaco D'Alberto precisa dal leggio che "civismo" non significa "dimenticare" quello che siè stati. Sul tavolo dei relatori, c'è chi finge di non aver capito. Prendano le distanze: Paolo, Carmine, Maria Cristina… si candidino sì, loro sì, ma senza il corollario dei surreali. Non servono cinque liste deboli, ne basta una (o magari due) forti, nel senso delle idee, delle proposte e della qualità di chi le porta. In sala, sono esposti quadri di Montauti, di Annunziata Scipione, di Alberto Chiarini, ognuno legato ad una ricorrenza quest’anno. Sono quadri della collezione privata di Maria Cristina Marroni, che annuncia di volerli donare al vescovo, al pari degli altri di autori “nostrI” della stessa sua collezione, per la nascita di un museo diocesano.
Quando l’annuncia, meriterebbe una standing ovation, invece in sala un timido applauso e una signora settantenne che dice alla vicina: “I me li teness, che cazz’ jargal’ a lu veshcov? Stà pijen de quadr…”
C’è tanto lavoro da fare.
ASCOLTA L'INTERVENTO DI GIANGUIDO D'ALBERTO
https://youtu.be/5Qgm0jOjgcA