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testoletteraStudente sgridato? La famiglia chiama il 113. Studente punito? La famiglia presenta un esposto alla Procura. Studente bocciato? La famiglia ricorre al Tar. Sono sempre più complicati i rapporti tra il mondo della scuola e le famiglie. Anche il solo esercizio di quella autorità che era espressione stessa del ruolo del docente, oggi corre il rischio di diventare materia per le carte da bollo. Un tempo, chi lo ricorda?, ci si alzava in classe all’ingresso dei professori, si dava del lei, il preside incuteva terrore e tornare a casa con una nota significava spesso vederla convertita in schiaffoni. Mai un genitore, all’epoca, si sarebbe sognato di contestare un docente. Oggi, è tutta un’altra storia e lo sanno bene maestri e professori, cisto che anche per la semplice assegnazione delle sezioni si finisce a volte davanti ad un tribunale. Così, stupisce la lettera che, complici gli aggiustamenti e i lavori post sisma, riemerge dagli archivi del Liceo Classico Melchiorre Delfico di Teramo. E’ una lettera di qualche anno fa, quando era preside il professor Befacchia, e la firma il padre di una studentessa che, senza mezzi termini, autorizza tutti gli insegnanti «Alla promozione di qualsiasi azione coercitiva, punizioni corporali incluse, ad libitum, per ragioni scolastiche di profitto o di comportamento». Altro che ricorso al Tar, questo autoritario padre di una ginnasiale chiede il ritorno della verga, dei ceci dietro la lavagna, delle righellate sulle mani, magari anche dello schiaffone. «Era severissimo - ricorda il professor Befacchia - venne da me perché io, da preside, avevo preso l’abitudine di informare le famiglie di ogni assenza dei ragazzi, e la figlia aveva inanellato qualche giorno senza scuola, ma senza che la famiglia lo sapesse… s’era innamorata, viveva le tempeste ormonali dell’adolescenza, ma il padre fu fermissimo: voleva rinunciare ai diritti costituzionali della figlia e volle metterlo per iscritto…ovviamente, non fu mai picchiata».

letterapadre