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5B01373E D67B 481C A250 D5914CA0F4CEPalermo, luglio 1992. Sono i giorni della strage di via D’Amelio. “È finito tutto” dice uno scosso Antonino Caponnetto, uscendo dall’obitorio dopo l’ultimo saluto a Paolo Borsellino. Il rammarico per quella frase detta in un momento di sconforto è un motivo in più per farsi coraggio, per riprendere le forze e la speranza, e lavorare sul cambiamento culturale e sulla lotta alla mafia. È l’inizio della primavera palermitana.
Nella loro “preghiera laica” al funerale di Borsellino, c’è il progetto dei dieci anni seguenti: Caponnetto, Rita Borsellino e Leonardo Guarnotta, il magistrato che divideva la stanza con Falcone, il giudice istruttore che ogni mattina prendeva il caffè con Paolo Borsellino, cominciano a girare l’Italia, diventano i primirappresentanti della società civile, per testimoniare nelle scuole la loro esperienza e portare avanti le idee dei magistrati uccisi dalla mafia. Leonardo Guarnotta, l’esperto del pool in materia bancaria che seguendo soldi e assegni contribuì in materia determinante al  maxiprocesso  contro la mafia che portòa  oltre 400 condanne,  il magistrato “ sopravvissuto” costretto ad una vita blindata, l’unico membro del pool che non è mai andato via da Palermo e fino alla pensione ha continuato a lottare contro la mafia, sarà oggi al comprensivo 4 di Pescara per il primo di quattro incontri con gli studenti per il Premio Borsellino.  Ancora oggi a 80 anni continua a combattere , non più nelle aule giudiziarie, ma nelle aule scolastiche, o dovunque venga chiamato, per spiegare cosa era la mafia, quale tremendo danno arrecava al tessuto vitale non solo della Sicilia, ma dell’intero nostro Paese. “Gli uomini passano. Le idee restano”