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dinannaIl noto psichiatra Raffaele Morelli, nel corso della trasmissione TV di LA7, “Non è l’arena” del 15 marzo 2020 avverte: “rischiamo un’epidemia psichica, abbiamo 12 milioni di italiani che usano psicofarmaci, non li lasciamo soli”, e, aggiungerei, non li lasciamo agli arresti domiciliari senza neppure la possibilità di fare una passeggiata.

E già, perché circola ormai da giorni la terrificante notizia dell’imminente pubblicazione di un nuovo decreto con il quale il governo avrebbe intenzione “d’inasprire” la già insostenibile misura restrittiva - a tutti gli effetti  equiparabile ad una detenzione domiciliare collettiva -  con la previsione di un non meglio precisato “divieto di passeggiata”.

Avremo, allora, 60 milioni di cittadini ai quali non verrà concessa neppure l’autorizzazione che, per indispensabili esigenze di vita, è  normalmente riconosciuta agli accusati in regime di arresti domiciliari?

Quali ulteriori misure dovremo ancora aspettarci? È forse già in viaggio lungo la “via della seta” una carovana che trasporta 60 milioni di braccialetti elettronici, altro generoso “dono” del governo cinese?

Una cosa è certa: ogni misura, espressione ormai evidente di un regime autoritario che orami nulla ha da invidiare a quello cinese, potrebbe risultare inutile o non risolutiva, considerata, da un lato l’ormai diffusissima espansione del virus, anche a causa dell’irresponsabile anticipazione a mezzo stampa del contenuto del decreto del Presidente del Consiglio Conte dell’8 marzo, fatto che, per aver provocato la “fuga” verso il meridione di migliaia di cittadini lombardi potenzialmente già infettati, ben potrebbe integrare gli estremi del grave delitto di epidemia colposa; dall’altro la rilevante possibilità che il contagio possa durare mesi, o, persino un anno e più, come previsto e temuto dal governo inglese.

Provvedimenti restrittivi della libertà personale, che, in ogni caso, s’inseriscono nel quadro dell’ormai sistematico e programmato smantellamento dello Stato di diritto, perseguito con pervicacia da un governo di matrice post comunista e qualunquista grillino, senza dubbio il peggiore nella storia nazionale.

Non c’è da stupirsi, allora, se dopo aver approvato riforme in materia di sospensione della prescrizione e delle intercettazioni,  che hanno trasformato gli italiani in un popolo di eterni accusati, sottoposti ad un penetrante regime di sorveglianza, si pensi ora ad inasprire la già pesante e insostenibile “detenzione domiciliare collettiva”.

Ma, come è stato possibile realizzare un così opprimente  Stato di polizia, senza alcuna opposizione  e controllo da parte del Parlamento e nell’apparente indifferenza del Presidente della Repubblica?

Il Governo, dopo l’approvazione del decreto legge del 23 febbraio 2020 n. 6, avente per oggetto “misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID  - 19”, ha ritenuto di poter provvedere nella forma di decreti adottati direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri (provvedimenti dell’8 e 9 marzo 2020),definiti come “attuativi” del primo.

In tal modo è stato certamente eluso il controllo di legittimità costituzionale da parte del Presidente della Repubblica e il passaggio dei provvedimenti normativi all’approvazione del Parlamento, previsto dalla Costituzione per il decreto legge.

Quindi, per riassumere, con provvedimenti amministrativi di natura normativa, il Presidente del Consiglio dei Ministri, esautorando un Parlamento comunque “chiuso” senza alcuna giustificazione, ha di fatto sospeso le libertà fondamentali dei cittadini.

Non occorre esser un esperto costituzionalista per comprendere come i citati decreti siano palesemente nulli, poiché adottati in assoluta carenza di potere, non potendo certo una fonte secondaria del diritto qual è un decreto ministeriale, derogare a norme di legge di rango costituzionale.

Ne consegue l’impossibilità di configurare il reato d’inosservanza di un ordine dell’’autorità (art. 650 c.p.), pur contestato a migliaia di cittadini denunciati per essersi allontanati senza giustificazione dal domicilio.

Quindi, un’enorme massa di procedimenti penali che, dopo aver ingolfato i già oberati uffici delle Procure delle Repubbliche, finiranno per esser archiviati.

È da precisare, infine, che il citato decreto legge del 23 febbraio, tra le misure urgenti per evitare la diffusione del contagio (art. 1 comma 2) prevede un “numerus clausus” di provvedimenti, tra i quali non è ricompreso quello della  “detenzione domiciliare collettiva”, mentre, per quanto concerne la possibilità di vietare riunioni, è espressamente limitata a quelle di “carattere culturale, ludico, sportivo e religioso”, ma non politico.

Dunque, nessuna giustificazione per la vergognosa e inaccettabile chiusura del Parlamento, misura che rinviene un solo precedente nella storia repubblicana, nel periodo del sequestro di Aldo Moro.

Noi cittadini staremo a casa, ma il Parlamento torni a riunirsi subito!

Vincenzo Di Nanna