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Sono partite da tutto l’Abruzzo migliaia di missive indirizzate ai vertici dello Stato (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio e Presidenti di Camera e Senato) per protestare contro gli ultimi provvedimenti messi in atto dal Decreto Legge c.d. “Cura Italia”. A coordinare la protesta “La Rete delle Partite Iva” Abruzzo, un gruppo spontaneo di partite iva, imprenditori e liberi professionisti che, in poco più di un mese, ha raggiunto migliaia di iscritti e simpatizzanti che, partendo dai social-network, in particolare da facebook, sono riusciti a creare una rete di confronto e dibattito sulla difficile situazione economica che l’intero Paese sta vivendo a causa dell’emergenza sanitaria e sulle misure adottate dal Governo nazionale per superarla.

“In Abruzzo il gruppo “La Rete delle Partite Iva” conta oggi circa 3.500 iscritti, una fetta importante degli 11.000 associati in tutta Italia, ma i numeri sono in costante crescita e registriamo, quotidianamente nuove adesioni e tantissime richieste di informazioni e chiarimenti sulla nostra azione di protesta e sensibilizzazione rispetto alle decisioni prese dai vertici dello Stato” dichiarano i rappresentanti de “La Rete delle Partite Iva”. “Alla base della nostra protesta c’è una contestazione dei provvedimenti presi dal Governo che creano forte e iniqua disparità di trattamento tra il sostegno garantito ai lavoratori dipendente, le cui misure sono calibrate con il reddito, e quello garantito per gli autonomi e le partite iva, che è forfettario e fortemente aleatorio, non garantendo la sostenibilità di questi soggetti che, è bene ricordarlo, sono impossibilitati a lavorare e guadagnare per una decisione estranea alla loro volontà e meritano la medesima tutela riservata a tutti i lavoratori”.

Dal confronto partito dal web e dai social-network è stata stilata una lettera-documento che è stata inviata da migliaia di partite iva da tutto il Paese ai rappresentanti dello Stato per segnalare il forte malessere di tantissimi lavoratori che sono la spina dorsale dell’economia italiana, il mancato rispetto della nostra Costituzione e non solo. “Denunciamo il mancato rispetto del dettato costituzionale di cui all’art 38. che sottolinea come “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” e ciò vale per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti; e la discriminazione tra classi sociali visto che la nostra Costituzione, all’art. 2, statuisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, all’art. 3 stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali”. Dello stesso tenore è il D.lgs. 9.7.2003, n. 216, recante disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall’età e dall'orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro” prosegue la missiva.

“Noi la nostra parte l’abbiamo sempre fatta, da cittadini leali abbiamo comunicato tramite dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate i redditi percepiti secondo il principio richiesto per migliorare la collaborazione tra Pubblica Amministrazione e contribuenti, nell’ottica di stimolare la trasparenza dei contribuenti. Essendo quindi nel nostro pieno diritto, oltre che dovere sociale, così come riportato nell’art.52 della Costituzione chiediamo traccia di allocazione finanziaria delle risorse da noi erogate sul bilancio dello stato in maniera analitica; incremento reddituale prodotto nel tempo per singolo progetto finanziato dalla nostra fiscalità; costi di caricamento, funzionamento e motivazioni che hanno eroso quanto versato da ognuno di noi”.

Come specificato bene nella missiva, qualora non fosse rispettato il dettato Costituzionale e, con esso, il diritto di tutti i lavoratori il gruppo de “La Rete delle Partite Iva” si vedrà costretto ad attuare una protesta forte, ovvero la disobbedienza fiscale in autotutela in virtù del combinato disposto delle norme previste dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e dell’art. 2, c. 1 del D.M. 11.2.1997, n. 37, trattandosi di ipotesi in cui è possibile attivare l’autotutela, in presenza di errore sul presupposto, non avendo contezza dei fatti descritti nelle singole norme del TUIR e non avendo certezza che la mia delega e le mie erogazioni vadano a perseguire la percezione di interessi miei e dei mandati costituzionali riportati nell’art.52.

“Ovviamente ci auguriamo di non dover arrivare a tanto – conclude la nota – ma auspichiamo l’apertura di un tavolo di confronto a livello nazionale affinché siano tutelati a pieno i nostri diritti di cittadini e lavoratori. Non comprendiamo infatti come mai, se agli occhi della legge siamo tutti uguali, sia stata operata questa disparità di trattamento e di tutela da parte del Governo nei confronti degli autonomi. La nostra protesta dall’Abruzzo continuerà finché non avremo risposte, anche dalla Regione Abruzzo, e siamo pronti a nuove forme di protesta per vedere tutelati i nostri diritti di cittadini e lavoratori, in gioco c’è il futuro di una fetta importante dell’economia italiana, urgono misure urgenti e shock per far ripartire questo Paese”.