Paolo Bruni era un “cameraman”. Che non significa dire che era come uno dei, pur bravissimi, professionisti della telecamera di oggi. Lui era altro. Apparteneva a quella generazione di artigiani del giornalismo, che andava oltre, ben oltre il senso della professione. Era vita. La telecamera per lui non era uno strumento di lavoro, ma la naturale appendice del corpo, una specie di “archiviatore” dei momenti di vita, propri e altrui. E siccome all’epoca non c’era il digitale, ma i nastri, i famosi trequarti grossi come due casette vhs e anche di più, alla fine quei momenti di vita diventavano stanze di materiale, oggi memoria preziosa. Che non deve e non può andare perduta, tanto più che la biblioteca regionale di Teramo ospita una mediateca, nella quale sono già confluiti materiali delle prime tv locali e tutto il “girato” di Bruni sarebbe nella sua casa ideale. Penso anche a tutto il lavoro fatto da "cassettista" per la Rai. Paolo Bruni se ne è andato a 82 anni. Non stava bene da tempo. Con lui se ne va anche il ricordo di una delle prime tv italiane vita cavo, e la schietta simpatia di un uomo che parlava con le immagini. Anni fa, per un progetto, lo coinvolsi in una sorta di missione speciale: andare con la splendida Cannelle al Festival del cinema di Venezia. Successe di tutto: incontri con gli attori famosi, qualche gaffe clamorosa, tanta mondanità, un piccolo mondo di storie che Paolo documentó con grande professionalità e con quel gusto ironico col quale pennellava giudizi. Mi piace pensare che questa foto sia stata scattata in quei giorni. Paolo Bruni lascia la moglie, Elvira e le splendide figlie Daniela e Valentina. Il rito funebre è già stato celebrato,
Adamo