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Non ci sono cétégorie

gransasso 1024x340Ci si sente disarmati davanti alla lentezza e alla superficialità con cui la classe dirigente locale, regionale e nazionale affronta da 20 anni la vicenda della messa in sicurezza del Gran Sasso. Come Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, costituito dalle Associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, FIAB, CAI e Italia Nostra, siamo stanchi di continuare a emettere comunicati i cui contenuti sono sostanzialmente sempre uguali. 

Abbiamo sempre sollecitato i nostri amministratori ad assumere un ruolo proattivo in questa vicenda, vista l’importanza che essa riveste per l’Abruzzo. Per cui oggi appare surreale la meraviglia del Presidente della Regione e del Sindaco di Teramo che nei giorni scorsi sembrano essersi accorti dei ritardi nella gestione della fase commissariale.  

Dopo più di un anno dalla sua istituzione, avvenuta con il decreto legge n. 32 dell’aprile 2019, il Presidente della Regione ha riunito per la prima volta la cabina di coordinamento da lui presieduta con compiti di comunicazione e informazione nei confronti delle popolazioni interessate, di coordinamento tra i diversi livelli di governo coinvolti e di verifica sullo stato di avanzamento degli interventi di messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso. Nel frattempo, in perfetta continuità con il suo predecessore Luciano D’Alfonso, si è ben guardato dal coinvolgere la società civile in questo processo impedendo alle associazioni di partecipare a questo tardivo incontro. 

Anche il Sindaco di Teramo, nonché Presidente ANCI Abruzzo, sembra aver preso finalmente contezza del problema e ha dichiarato di “prendere atto” dei ritardi.  

A entrambi verrebbe da dire: “Ben svegliati! Un po’ tardi, magari…”.  

Inutilmente, come Osservatorio avevamo ricordato come le gestioni commissariali non sono la soluzione di tutti i problemi, come dimostra il precedente commissariamento Balducci. Altrettanto inutilmente avevamo suggerito che ad occuparsi della questione fossero coloro che hanno avuto dai cittadini abruzzesi il mandato a governare, magari proprio il Presidente della Regione Marsilio attraverso un atto di piena assunzione di responsabilità politica. 

Si è preferito fare altro. 

Da subito abbiamo poi evidenziato i ritardi che si andavano accumulando fin dalla nomina del Prof. Corrado Gisonni come Commissario: ritardi ingiustificabili vista la dichiarazione di stato d’emergenza. 

Oggi ci si accorge che dopo i mesi di ritardo accumulati per la nomina, ne sono stati accumulati altri 9 dopo la nomina e il Commissario ancora non ha né una struttura, né una sede: per la verità lo si sapeva da tempo visto che lo aveva evidenziato lo stesso Commissario a Teramo nella sua prima uscita pubblica nel febbraio scorso e l’Osservatorio lo aveva ribadito l’11 giugno scorso dopo un incontro con il Commissario a L’Aquila. 

Francamente ci saremmo risparmiati di assistere, dopo 20 anni di conoscenza del problema, alle schermaglie tra le parti politiche impegnate a trovare un responsabile. Ciò che avevamo evidenziato come pericolo, la deresponsabilizzazione dei rappresentati del territorio attraverso la nomina di un commissario di governo, si sta rilevando come una realtà.  

Come sempre non è la burocrazia ad essere lenta, ma le persone che non svolgono i propri compiti e non esercitano le proprie competenze con determinazione e tempestività. Sono lenti gli amministratori, non gli atti. E spesso sembrano più interessati a posizionamenti politici che ad individuare e adottare soluzioni.  

Comunque, visto che ora anche il Governatore Marsilio ha capito che si è perso un altro anno, cosa si intende fare? 

Governo regionale e governo nazionale (entrambi a maggioranze variabili negli ultimi anni) hanno voluto individuare nella struttura commissariale lo strumento per mettere in sicurezza l’acquifero. Agli enti locali tale scelta è andata bene. Il minimo che ci si aspetta è che ora questo strumento si faccia lavorare. 

Anche perché nel frattempo i problemi sono ancora tutti lì: 

  • neppure un litro delle sostanze pericolose stoccate nei Laboratori Nazionali di Fisica Nucleare è stato rimosso; 
  • non si è ancora individuata la strategia da adottare per isolare gallerie e laboratori dall’acquifero; 
  • si continuano a buttare 100 litri di acqua al secondo prelevati dai punti di captazione intorno ai Laboratori e nel frattempo si va alla ricerca di nuove sorgenti in quota da captare senza alcun rispetto dei più elementari principi di sostenibilità; 
  • il sistema di allerta per individuare possibili elementi inquinanti nella nostra rete dell’acqua potabile, per quanto moderno e efficiente, è costoso e come sempre a carico dei cittadini.