“Tutta vestita a festa la gioventù del loco lascia le case, e per le vie si spande; e mira ed è mirata, e in cor s’allegra”. A quanti centinaia di milioni di studenti ha rotto coglioni, dal 1830, quel triste di Leopardi con il suo “Passero solitario”. Oggi tocca a noi osservare una massa lobotomizzata di giovani che senza mascherina e birre in mano sguazza libera “a mirar” tra piazza Dante, monumento, piazza Garibaldi, piazza sant’Anna. Gli ormoni sono più forti della paura. Poi alla Asl di Teramo i geni della comunicazione dicono in tv che il virus è in ritirata, è il gioco è fatta.
Non è lo spettro che tormentava Ebenezer Scrooge nel racconto di Dickens ma è altrettanto spaventoso. Il rischio di un Natale “locked” agita il sonno di tutti gli italiani, oltre che dei commercianti che tremano all’idea. Un lockdown durante le festività, o comunque un giro di vite agli spostamenti per smorzare i contagi, però più che una scommessa appare a molti quasi una certezza. Ed è molto triste. Non per il Natale che abbiamo riempito di rumori di fondo, di onnipresenze virtuali, di vacuità pagane che ci ha condotto più nei centri commerciali che davanti al presepe. Ma per l’importanza che quel periodo ha per tanti piccoli imprenditori e per l’importanza che ha la vita del commercio in città. Naturalmente, saranno decisivi i dati sull’epidemia di fine novembre, ma leggo che l’andamento attuale della curva lascia poco spazio all’ottimismo, visto che sono scontati “upgrade” di Regioni nelle prossime ore nelle aree più a rischio. E non il contrario. Le scelte a Teramo, come ovunque, vanno fatte ora. Non è più possibile cazzeggiare tra buonisti, comprensivi, tolleranti. Le regole si rispettano. E punto. E chi ne ha il compito deve farle rispettare nei modi dovuti.
Le scelte a Teramo e in Provincia, per il bene collettivo della città e della Provincia, vanno fatte ora. Mancando un Presidente della Provincia dunque mi appello al Sindaco. Ai Sindaci. Certo, lo so, viviamo un periodo nel quale ogni analisi su cosa sia giusto fare, e cosa no, risente del grado di coinvolgimento personale, e di quanto una misura tocca le nostre vite. Siamo diventati tutti esperti in una fase in cui anche gli esperti a gettoni, a volte, sembrano abitare la terra del sentito dire. È così che il Dpcm che ha avviato la stretta “gialla” può essere visto come insufficiente o esagerato a seconda dei punti di vista. Comunque per tutti necessario. Perché si doveva assolutamente mettere un freno a una serie di attività nelle quali si è dimostrato impossibile contenere le violazioni alle più elementari norme di prudenza, a cominciare dalle orde di imbecilli e lobotomizzati che continuano ad affollarsi, birre in mano, nelle piazze. Non solo teramane. Marsilio da Roma paventa la zona arancione. La asl di Teramo conferma la gialla.
Non starò qui a ripetere il mio pensiero. Dico solo che le scelte in città, vanno fatte ora. Non staro qui a ripetere la tiritera sul procrastinare ogni decisione rilevante; non dirò più che si sarebbero dovuti potenziare i servizi sanitari, acquistare più tamponi e più vaccini anti influenzali, per evitare che i malati cronici aventi diritto rimanessero senza mentre i più “amici” lo hanno avuto. Ma non mi dilungo su questo tema, della mafia, dei mafiosi, di chi non vede, di chi vede ma non parla, scrivo altrove. Non starò qui a dire nuovamente che si sarebbe dovuto rafforzare il sistema di tracciamento dell’epidemia e riorganizzare subito la sanità sul territorio altrimenti divento più palloso di Leopardi.
Non è stato così perché dopo la clausura del lockdown è scattato in tutti noi un gigantesco e collettivo meccanismo di rimozione che ci ha indotto a pensare che la sofferenza patita bastasse di per sé a sconfiggere il virus. E chi aveva il compito e il dovere non ha previsto il peggio – che pure veniva annunciato - con un clamoroso fallimento della comunicazione pubblica.
Non staro qui a dire di nuovo che l’unica alternativa ai lockdown generalizzati è farne tanti piccoli e personali, salvando ciò che conta veramente. Non è una vita in formato ridotto, è il segno della capacità di rispettare sé stessi e il prossimo, di provare a essere comunità in un momento complicato, sapendo che nemmeno la prudenza basta ad azzerare il rischio. Il virus ci sta sfiancando e dividendo, gli scontri di questi giorni sono la prova che sta facendo al meglio il suo lavoro e si sta insinuando anche nel corpo sociale. Possiamo solo scegliere se lottare ciascuno per sé, ed essere lupi per gli altri, o rispettare le regole, tutti, ora, e tentare di vincere questa battaglia prima possibile. Per il bene di tutti.
Leo Nodari