In un frammento dell’Italia minore, quella che sale agli onori delle cronache solo quando è attraversata da qualche disgrazia, c’è chi non ha tempo di pensare alla ripartenza post-Covid, perché è ancora tanto, troppo impegnato nella ripartenza post-Sisma. Anche se il terremoto è proprio una di quelle disgrazie, che rendono queste terre visibili nel momento della tragedia e poi invisibili per sempre. Siamo ad Arquata del Tronto, uno dei paesi ingoiati dalle scosse del 2016. Tutto distrutto, non c’è più nulla.
Non c’è la gente.
Non ci sono gli edifici.
Non c’è più neanche una chiesa e non c’è l’arte, che quelle chiese ospitavano e che era la memoria storica della gente di queste valli. Dopo il sisma, infatti, tutte le opere d’arte furono prelevate e spostate, per essere meglio conservate, nei locali della Diocesi e della Soprintendenza ai Beni Culturali della Regione Marche. Protette, ma lontane e invisibili.
Qui il Covid non fa paura, perché il contagio pretende la presenza di qualcuno da contagiare. E le pietre non respirano. Però, qualcuno che respira c’è. E lo fa coi verbi al futuro, lanciando un’iniziativa particolare. Sono in due, un imprenditore e un prete: Roberto Tomasone patron della Zafferano Piceno e don Nazzareno Gaspari, parroco di Arquata. Il loro è un progetto ambizioso: riportare l’arte ad Arquata e aiutare i produttori del territorio. Nasce così “Un Cuore per Ripartire” un progetto che prevede la realizzazione e la vendita di cesti natalizi con i soli prodotti delle aziende del cratere, tutte eccellenze enogastronomiche del Piceno e parte degli utili saranno destinati in beneficenza per la realizzazione del museo ad Arquata del Tronto. Una nuova casa dell’arte che esaudisca il bisogno della popolazione di riappropriarsi delle proprie opere, della propria cultura, delle proprie tradizioni, della propria storia.
Perché prima o poi arriverà un vaccino e il Covid se ne andrà.
Ma contro il terremoto, non esiste vaccino.
Bisogna ricostruire.
E sognare.