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TregalliVederlo chiuso, abbandonato, triste testimone di un passato di gusto e piaceri, è un dolore collettivo. I tre Galli, a Piano d’Accio, erano molto più di un’insegna, molto più del luogo geografico di un tempio del sapore. Erano una esperienza condivisa, un brand collettivo emozionale. Erano la trasposizione commerciale di un rito familiare, quello del mangiare casalingo che, a Teramo, è molto più di una consuetudine. Andare ai Tre Galli significava onorare un debito con la memoria, riservarsi lo spazio di un incontro con i tepori gustosi di una consuetudine che era, poi, quella del desco casalingo. Il prezzo, sempre oggettivamente abbordabile e - diciamolo pure - basso per la qualità alta che offriva, era figlio della famiglia che gestiva il locale, i Campana, perché nella ristorazione che sa di antico e di buono, gestione di famiglia significa quasi invitare a pranzo il cliente, non vendergli un servizio. Adesso, i Tre Galli non cantano più. Quando se ne è andato il patron, la famiglia Campana ha cercato di portare avanti l’attività, prima di decidere di cederla ad un nuovo gestore, che ha mantenuto il nome ma non la scelta gastronomica, puntando su una cucina più moderna e più ambiziosa, che avrebbe preteso un tempo di rodaggio più lungo e forse una rinnovata clientela, ma non c’è stato tempo. È arrivato il Covid e, come molte altre serrande, anche quella dei Tre Galli si è abbassata per non rialzarsi. Adesso c’è un cartello “affittasi”, sulla porta del locale, quasi un invito per chi, sul vento della ripartenza, volesse magari provare a rilanciare lo storico locale. Chissa. Del resto, quello è un posto di sicuro passaggio e se, come sembra, nascerà poco lontano il nuovo ospedale, il movimento aumenterà. Spazio c’è. La cucina da proporre anche. I Tre Galli, hanno voglia di cantare ancora.