• CANTORO
×

Avviso

Non ci sono cétégorie
Lavoriamo in una Provincia che non fa sistema, che non offre infrastrutture, servizi della pubblica amministrazione; queste alcune delle cause del rallentamento del ritmo di crescita della nostra economia già prima della crisi. Le prospettive post-crisi non sono migliori. Se non apportiamo correttivi ora, corriamo il rischio di diventare una società più povera, più conflittuale, più chiusa. Però, se lo vogliamo, possiamo aumentare di molto il nostro benessere.   Mentre gli imprenditori si sono sforzati di adeguare le loro aziende ai tempi nuovi, l'azienda Italia è rimasta indietro. Gli imprenditori hanno sofferto troppo lungamente della involuzione della politica, troppo presa da se stessa anziché occuparsi delle sfide che vengono dal mondo intero al nostro sistema economico e sociale. La politica ha deluso quando se ne aveva più bisogno. Ne hanno sofferto gli imprenditori, che si sono dati da fare per rafforzare la nostra economia, ma che hanno bisogno di lavorare in un sistema forte e coeso, che offra concreta fiducia nel futuro e che parli con poche voci autorevoli e non discordanti. E' questo il contenuto della missiva che il Presidente dell'Api Teramo Alfonso Marcozzi ha spiedito a tutti gli imprenditori della provincia di Teramo.   Non sono pochi e di poco conto gli ostacoli posti alla crescita della nostra economia, ostacoli che  frenano la vivacità imprenditoriale, sono ostacoli che avvantaggiano alcuni ma pesano sui risultati del serio impegno quotidiano di tanti imprenditori e lavoratori; si traducono in costi pagati da tutta la collettività.   Un miglioramento potrebbe derivare soprattutto dalla rinnovata fiducia tra persone, da rapporti sociali improntati ancora più profondamente dal rispetto reciproco; il conto presentato dai particolarismi che prevalgono sugli interessi collettivi è salato: non possiamo permetterci di pagarlo ancora. Occorre trovare il consenso per eliminare gli interessi particolari ed incanalare tutte le energie che il mondo imprenditoriale è in grado di manifestare verso l'interesse generale; se riusciremo a  costruire questo consenso si aprirà per la nostra economia provinciale la prospettiva di un recupero di crescita perché verranno meno le inefficienze di sistema.   I nostri imprenditori vogliono fatti concreti e più responsabilità da parte degli amministratori pubblici, la crisi deve avere l'effetto di accelerare la chiamata all'assunzione di responsabilità nell'impresa e nella pubblica amministrazione, chiamate a rendere conto del loro operato; i conti della crisi portano la società a divenire più esigente nei confronti dei comportamenti, a tutti i livelli, perché un futuro migliore non basta proporlo ma bisogna costruirlo.   La frammentazione delle rappresentanze imprenditoriali è un residuo di divisioni di orientamento politico ormai superate. L'Associazione delle Piccole e Medie Industrie della Provincia di Teramo vuole rafforzarsi prendendo le distanze dai partiti, dei quali si vedono con realismo non ideologico i limiti e ci si fida poco; nessuna parte politica sarà il partito di riferimento per raccogliere le rivendicazioni che emergono dal nostro mondo produttivo; è un messaggio di volontà di cambiamento in positivo, messaggio di disponibilità a comportamenti più responsabili e di volontà da parte degli imprenditori di avere più voce nella dirigenza del territorio: è dagli imprenditori che dovrebbe partire il vero rinnovamento.   Non sono le grandi imprese l'asse portante della nostra economia che dipende invece, quasi esclusivamente, dalle piccole imprese; è quindi singolare che queste ultime non partecipino con voce autorevole alla regìa del territorio e rimangono, invece, in una posizione di cronico malcontento; le grandi imprese, pur essendo poche, non riescono ad esprimere una classe dirigente adeguata perché non possono giocare le partite senza prescindere dall'intreccio delle proprie fortune con quelle dell'una o dell'altra fazione politica.     I nostri imprenditori devono prendere le distanze da questi partiti, allentare i legami con la politica ma essere, nel senso più costruttivo, protagonisti autorevoli del dialogo sui punti di forza e di debolezza della nostra economia. C'è, tra i nostri imprenditori, un malcontento diverso dal passato, orientato, questa volta a conquistare stabilmente più voce come protagonista di un dialogo sui problemi che frenano il nostro territorio.   La Camera di Commercio è l'unico ramo della pubblica amministrazione governato direttamente dal mondo imprenditoriale; bisogna procedere alla sua riorganizzazione, creare le condizioni perché sia veramente di sostegno alla nascita ed allo sviluppo delle imprese in modo efficace.   In che modo?  
  1. Riducendo il diritto annuale camerale del 50% già dall'anno 2015;
 
  1. Eliminando i compensi per gli amministratori, per tutti, dal Presidente ai componenti di Giunta e Consiglio;
 
  1. Avviando il processo di dismissione delle partecipazioni non funzionali al ruolo della Camera di Commercio;
 
  1. Riducendo i Componenti della Giunta a 5 membri;
 
  1. Prevedendo un accorpamento volontario con altri enti camerali della nostra regione;
 
  1. Focalizzando interventi dell'ente camerale su progettualità rilevanti per categorie economiche coinvolte;
 
  1. Razionalizzando il portafoglio servizi avvalendosi dell'alto livello di digitalizzazione raggiunto da alcune Camere di Commercio;
 
  1. Presidiando funzioni che attualmente sono svolti da altri soggetti pubblici;
 
  1. Procedendo alla ristrutturazione dei costi di gestione dell’Ente che incidono in maniera pericolosa sulle voci di bilancio;
 
  1. Nuova rappresentanza nel rispetto delle regole dettate dalla legge 580/1993 entrata in vigore il 26/01/1994 che all’art. 14 comma 2 pone il limite dei due mandati (ai componenti di giunta) e nel rispetto dell’art. 3 del dlgs 23/2010 comma 1 che è intervenuto su quelle parti degli articoli che hanno subito modifiche e non certo sulle parti di articolo che sono rimaste tali e il comma 2 dell’art. 14 della legge 580/93 sul numero di mandati non ha subito alcuna modifica.
 
  1. Determinando la fine del capitalismo delle relazioni, incentivando le relazioni della conoscenza prendendo le distanze da quelle delle conoscenze, chiude Marcozzi.
GUARDA IL SERVIZIO CON L'INTERVISTA AL PRESIDENTE ALFONSO MARCOZZI