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«Una buona quinta elementare basta oggi a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento, che è una degradazione, è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciosamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza.»

PIER PAOLO PASOLINI (1922-1975)

È stato proprio martedì scorso che al caffè Vanilla di Teramo si discuteva di scuola e, soprattutto, di questi poveri ragazzi tenuti prigionieri dei nostri scalcinati istituiti pubblici dedicati all’istruzione – che dovrebbero essere dedicati all’istruzione

Bene, eravamo in quattro, tre uomini e una donna, due degli uomini docenti (non io per carità di Dio!) e uno di questi addirittura docente emerito dell’Accademia di Breratutti e quattro ci siamo trovati subito d’accordo, per quella che è la nostra esperienza, che bisognerebbe intervenire dalle scuole elementari, potenziarle, perché lì i nostri ragazzi (il nostro futuro) si possono ancora salvare– e anche la dignità della Scuola Pubblica Italiana si salverebbe – dalla stupidità del mondo che andranno ad affrontareperché sono ancora vivi, vitali, curiosiperché non sanno nulla e hanno fame di sapere e di esperienzepoiché alle scuole medie il sistema di istruzione italiano,così com’è, questi poveri ragazzi li ha già belli che rovinati, irrimediabilmentesmorti, avviliti dalla stupidità di una lavagna, dalla inutilità di una interrogazione per nozioni non sapute, da un foglio protocollo piegato in due da riempire di cose non sentite, e tutto questo per il numero di un voto, un giudizio che cade inevitabilmente stolto dentro ilmaturato, adulto vuotoche li circonda.

Il 10 settembre 2021 scrivevo:

La Scuola Italiana

Bisognerebbe chiedersi oggi quale sia la direzione che la scuola italiana intende prendere per i prossimi venti anni, e con urgenza, perché il suo proprio fallimento istituzionale è ormai un fatto storico, sempre più scollata dalle esigenze formative della società ipercontemporanea perché sa essere solo teorica e impositiva e mai pratica, perché non conosce il gioco, vale a dire il sacro moto della fantasia.

Proprio ieri a un bambino – che guardava incantato il suo personale "raccontatore" di favole al telefono finalmente in carne e ossa, l'amico Roberto Di Donato, di cui fino a quel momento conosceva solo le sue innumerevoli voci – dicevo che l'artista non è altro che un uomo adulto che ha saputo conservare la sua propria fantasia di bambino, vale a dire la meraviglia dell'inventare reinventandosi continuamente, nel gioco appunto; e che anche la Commedia di Dante è il frutto della fantasia salvata del bambino e che è una bellissima favola a saperla raccontare –che spero un giorno incontri per suo piacere e non attraverso i tristi e intristiti e fallimentari programmi della scuola italiana, prima responsabile per aver prodotto un popolo di non lettori, per questo di analfabeti di ritorno, di ritorno dalla scuola italiana appunto, per non dire anche di una classe dirigente farcita di incompetenza.

Oggi, è davanti agli occhi di tutti, la scuola italiana è ridotta ad ammortizzatore sociale dove si sono ridotti a stare migliaia di insegnati senza vocazione che, verso i quarant'anni, hanno dovuto rinunciare ad altre aspirazioni, o, peggio ancora, dove stanno pesanti Professorenpoesie, dei mediocri poeti della domenica che pretendono di insegnare l'amore per la vita, per la letteratura, aggiungendo noia alla noia: la scuola italiana oggi intona il suo proprio terminale rantolo se non saprà rinnovarsi radicalmente e nel fare, perché la teoria può essere solo il prodotto secondario della pratica, e mai il contrario; scuola italiana cui lascio l'avviso che è inutile opporsi al progresso ma che bisogna al contrario ragionare nel progresso affinché tramuti in sviluppo.

Il manifesto (in foto) è invece datato 30 novembre 2020.

A mia figlia Azzurra ogni anno (ha 10 anni) faccio un test per valutare il suo stato di intelligente vivezza, esame che consta di due semplici domandeAll’inizio dell’anno scolastico le chiedoPapà, sei contenta che ricomincia la scuola? e lei,immancabilmente affranta, mi risponde: Per niente papà! Poi alla fine dell’anno scolastico (pochi giorni fa) le ripropongo la seconda domanda, la più importantePapà, sei contenta che è finita la scuola? e lei, esultante, mi risponde: Felicissima papà!” e solo a questo punto tiro un sospiro di sollievo, perché mia figlia è ancora salva, intelligente, viva, è sana e cresce beneperché, grazie a Dio, non le piace questa scuola.

MASSIMO RIDOLFI

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