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di ANTONIO D'AMORE C’era una volta un re. Un re vero. Di quelli con un palazzo Reale e una corte Reale (si noti la maiuscola, tornerà utile poi). Di quelli con lo scettro Reale e una corona Reale. Di quelli che alzando un braccio o atteggiando il labbro ad un ghigno, potevano cambiare la vita di un suddito o la sorte di una contrada. Di quelli che sentivano sulle spalle il peso della storia e, soprattutto, la necessità di riuscire a ritagliarsi un posto tutto loro, in quella storia. Eppure, non è facile essere Re: c’è sempre tanto da fare, tanto da comandare, tutto da decidere, tutto da controllare, al punto che può succedere, è umano, che l’orizzonte minimo dei suoi spazi immediati cresca, nelle sue percezioni, al punto da assorbire e cancellare la percezione del mondo “altro”, fino a quando il palazzo diventa l’universo, la corte diventa l’unica popolazione credibile di quell’universo e il resto del mondo, quello reale (si noti ora la minuscola, grazie), diventa il dettaglio impercettibile di un tutto che ruota intorno al re. Fino al punto in cui il Re diventa il tutto. Il Reale è tutto, il reale è nulla. Poi, però, un giorno il reale s’affaccia ai cancelli del palazzo Reale e, in un attimo, tutto cambia. Al palazzo Reale di Re Brucchi, il reale ha bussato già tre volte. Ha bussato la sera del ballottaggio, quando il Sindaco ha rischiato di perdere un’elezione già vinta, perché i teramani la consideravano, a quel punto, una sorta di referendum “Brucchi sì Brucchi no”. Eppure lui, il Re, quella sera guardò la corte e brindò, qualcuno urlò un “buffoni” e nessuno alzò lo sguardo oltre le mura. Ha bussato la sera di Capodanno, quando Teramo ha spiegato, con le presenze di un’assenza urlante, che stava cominciando un anno “diverso”. Eppure lui, il Re, quella sera brindò con la corte (anzi: con la parte minima di quella che era rimasta a palazzo), qualcuno urlò “Attacca Bastià” e nessuno alzò lo sguardo oltre le mura. Ha bussato, la terza volta, oggi, quando alle redazioni dei giornali è arrivata la nota della lista civica di Di Dalmazio che, nel coma vigile di un’amministrazione che considera “evento” un aperitivo in mezzo alla strada e che persegue progetti innovativi già disintegrati dalla magistratura in altre regioni, ha tentato un’operazione per certi versi rivoluzionaria. Ha parlato di politica. Già, la politica. L’arte dell’amministrare il popolo, per volere di un popolo che chiede di essere amministrato. Proprio mentre sembrava che il nuovo gioco di corte fosse la mosca cieca, quello nel quale si va in giro a tentoni tenendo sempre gli occhi bendati, improvvisamente qualcuno parla di politica. E lo fa per iscritto. Con una lettera al Re. Per iscritto, ma non come l’assessore Rudy Di Stefano che, fermoposta Facebook, attacca la Team (che è in maggioranza dello stesso Comune nel quale Rudy occupa un posto in giunta) e critica la gestione della raccolta dei rifiuti, a pochi giorni da quella sua gestione del piano neve che ha costretto a casa interi condomini per “strada chiusa”. Quello della lista civica è uno scritto “vero”. Politico. Per questo, rivoluzionario.   I consiglieri della lista che si riconosce in Di Dalmazio e che vanta un assessorato in giunta (quello di Giorgio Di Giovangiacomo), chiedono “un incontro al sindaco per un confronto sull’attività amministrativa”. E lo chiedono perché “sono emerse in questi mesi alcune criticità che meritano approfondimento e confronto al fine di garantire un salto di qualità necessario per dare le risposte che la comunità teramana merita e pretende”.   Tradimento! Il Re è sotto attacco, qualcuno sta cercando di diffondere a palazzo il virus della democrazia. Tradimento! E non basta, i “traditori” elencano anche i temi che vogliono portare al confronto col Re: “interventi  strategici per lo sviluppo della città e recuperi urbanistici  (ex manicomio, ex stadio, stazione etc); organizzazione  della macchina amministrativa; futuro della team e politica dei rifiuti; rapporti con la fondazione Tercas e prospettive della stessa; riqualificazione urbana ed ambientale e rivitalizzazione centro storico; riqualificazione della periferia; Politiche  culturali e sociali e rapporti con mondo associativo e culturale; strategie di comunicazione della attività istituzionale”, senza tralasciare “argomenti più politici e di metodo  e che riguardano la necessità che i processi decisionali siano accompagnati dal coinvolgimento dei consiglieri e delle forze politiche e che si recuperi la massima apertura al dibattito alle realtà associative ed istituzionali della città. In tal senso non sono più accettabili prese di posizione o fughe in avanti su temi rilevanti che non siano stati previamente discussi”.   Basta, questa è lesa maestà. Addirittura si vuole discutere col Re quello che il Re deve decidere?   E come se non bastasse, i civici dalmati invitano a ritrovare “il contegno che l’amministrazione nel suo complesso  deve assumere nel rapporto con la cittadinanza, consapevoli che, soprattutto in un momento del genere, i comportamenti debbano essere sempre più caratterizzati dalla massima disponibilità e apertura e spirito di servizio senza  cedimenti ad atteggiamenti di chiusura, e talvolta di supponenza, che rischiano di alimentare ulteriormente un  clima di sfiducia già molto radicato”.   E’ troppo! Il Re non può tollerarlo. Ma quale supponenza?   E per dare dimostrazione di apertura, in serata sua maestà diffonde un editto nel quale ricorda “. ” La vittoria elettorale del giugno scorso e’ stata una vittoria sofferta, raggiunta con l’aiuto di tutti i candidati e di tutte le liste che mi hanno appoggiato e che ringrazio ancora una volta, ma è stata la mia vittoria , la vittoria di un Sindaco che ci ha messo sempre la faccia nel bene e nel male, molte volte anche per gli altri e che vuole continuare a mettercela se ci saranno le condizioni”. E siccome l’etat c’est moi “Confronto si , ma l’ordine del giorno tocca a me stabilirlo e prima di parlare di temi importanti per la città e per il suo futuro, temi peraltro già affrontati innumerevoli volte, bisognerà parlare di coalizione, di voglia di rispettare il mandato degli elettori, di voglia di continuare a lavorare per gli interessi dei cittadini teramani”. Mentre la rivoluzione stava cambiando la storia, a Versailles c’era chi cambiava la biancheria profumata, senza rendersi conto che, se si continua a pensare al Reale, presto o tardi arriva il reale e sfonda i cancelli e, a quel punto, tutto quello – anche di buono – fatto dal Re, si perde nel ricordo triste di una supponenza che non riesce ad intuire che un potere che viene da popolo, quando il popolo cambia idea, è un potere che non c’è più. Fate come me: leggete il comunicato della Lista Civica. Poi leggete quello di risposta del Sindaco Brucchi. Secondo voi, c’è ancora bisogno di un incontro?