Teramo/Dubbi sul progetto di potenziamento dell’acquedotto del Ruzzo, la Marroni fa accesso agli atti
Apprendo dagli organi di informazione come in data 16 febbraio 2015 il Presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso abbia convocato un incontro presso la Ruzzo Reti S.p.A., società interamente pubblica partecipata dal Comune di Teramo per l’11,37%, al fine di illustrare a tutti i sindaci della provincia teramana un’opera di importanza strategica per il nostro territorio.
Tale infrastruttura corrisponde al ripetutamente annunciato “Progetto di potenziamento dell’acquedotto del Ruzzo” che risulterebbe depositato al CIPE dal 2008 (stando alle parole del Presidente della società Antonio Forlini), che avrebbe un costo complessivo di circa 52 milioni di euro, dei quali da ultimo il governatore Luciano D’Alfonso ha pubblicamente annunciato il finanziamento di 33 milioni di euro per operare un primo completamento, consistente nell’aumento della capacità di potabilizzazione dell’impianto di Montorio al Vomano (da 730 a 1460 litri al secondo) e nell’ampliamento dell’acquedotto sul lato teramano (da realizzarsi grazie ai fondi ottenuti nell’ambito del decreto “Sblocca Italia”) tramite una nuova condotta da 30 chilometri che porterà acqua dalla diga di Piaganini alla costa teramana.
A tale riguardo ho immediatamente esercitato il diritto di accesso ai documenti amministrativi mediante formale richiesta di accesso agli atti, al fine di acquisire tutta la documentazione relativa al progetto di che trattasi e comprendere compiutamente gli intendimenti societari sottostanti ad una operazione di così vasta portata.
Devesi infatti rendere noto, contrariamente agli entusiasmi manifestati da tutti i sindaci presenti al convegno del 16 febbraio, come sussistano numerosi dubbi e preoccupazioni relativamente al progetto di potenziamento dell’acquedotto del Ruzzo:
1) Intanto sembrerebbe che la realizzanda l’infrastruttura abbia quale finalità quella di aumentare enormemente la potabilizzazione dell’acqua presente nel lago di Piaganini (insistente sul fiume Vomano nel Comune di Montorio al Vomano), per poi immettere tale acqua potabilizzata nelle condotte che giungono nelle case dei cittadini teramani. A tale proposito è appena il caso di ricordare come l’acqua potabilizzata sia notoriamente e decisamente di qualità più scadente rispetto all’acqua di sorgente, e ne sanno qualcosa i cittadini di Bologna, di Firenze, di Milano e di moltissimi altri Comuni italiani.
2) In secondo luogo l’acqua potabilizzata è molto più costosa per l’utenza, in quanto richiede appunto un processo di potabilizzazione che necessita di infrastrutture, apparecchiature, investimenti, manutenzioni, interventi costanti, sostituzioni periodiche, tutti costi che l’acqua di sorgente non deve sopportare.
3) Nello specifico, devesi tenere nel debito conto che l’invaso di Piaganini è nato decenni or sono per esigenze diverse dall’approvvigionamento idrico, e che il lago viene alimentato dal fiume Vomano e dai suoi affluenti sui quali insistono scarichi permanenti di Comuni e Frazioni che non sono dotati di sistemi fognanti adeguati, con il risultato che la qualità delle acque che si vorrebbero potabilizzare è pessima e i fondali sono la sentina di fanghi pericolosi.
4) Sotto altro profilo, sembrerebbe insensato potenziare l’acquedotto del Ruzzo in quanto il fabbisogno provinciale di acqua corrisponderebbe a 1.500/2.000 litri al secondo, quantitativo congruente con la portata teorica dell’acquedotto esistente il quale – qualora venisse minimamente efficientato – sarebbe di certo sufficiente al fabbisogno richiesto e consentirebbe l’erogazione di acqua di sorgente alla grande maggioranza delle utenze.
5) A tale ultimo riguardo, infatti, notizie informali ma autorevoli rivelano che le perdite nella rete idraulica del Ruzzo ammontino a circa il 30%, stime prudenziali che tralasciano peraltro di considerare molte situazioni particolari le quali farebbero lievitare ancora la percentuale complessiva. Appare evidente che, qualora confermati tali dati, sarebbe di gran lunga più conveniente – sia per il presente che per il futuro, sia economicamente che per la salute – mettere in atto un piano di manutenzioni che riducano ad un contesto di normali percentuali le perdite della rete acquedottistica locale, consentendo il recupero di ingenti flussi di acqua di sorgente e riducendo i notevoli danni a terzi che tali perdite causano costantemente.
6) Infine, il progetto intrapreso dal Ruzzo e benedetto da Luciano D’Alfonso andrebbe contestualizzato, tenendo conto del fatto che origina al tempo delle feroci discussioni relative all’opportunità di realizzare il terzo traforo del Gran Sasso. A quel tempo, di fronte al rischio concreto di perdurante intorbidimento delle acque nella zona di captazione (rischio collegato appunto con la realizzazione della terza canna), si pensò di tutelarsi con un vasto progetto di potabilizzazione che avrebbe salvaguardato l’erogazione di un bene primario come l’acqua alla cittadinanza. Ma tali rischi sono stati scongiurati con la sconfitta democratica dei fautori del terzo traforo, per cui oggi il paventato raddoppio della portata del potabilizzatore di Collevecchio (sempre nel Comune di Montorio), potabilizzatore al servizio dell’invaso di Piaganini che passerebbe da 730 litri/secondo a 1.460 litri/secondo (stando agli entusiasti fautori del progetto odierno), appare sovradimensionato rispetto alle reali esigenze idriche della provincia teramana.
CONCLUSIONI. L’intera classe politica è in orgasmo per il progetto di potenziamento dell’acquedotto del Ruzzo, di cui sarebbero presto finanziati 33 milioni di euro (sul totale di 52), ma sulla realizzazione del progetto pendono molte ombre: dall’aumento ingiustificato e permanente dei costi relativi alla potabilizzazione delle acque, al decadimento della qualità delle acque erogate alla cittadinanza (così che gli utenti si vedrebbero costretti a pagare di più un prodotto di minore qualità, e magari a dover pure acquistare l’acqua imbottigliata per uso alimentare). A chi gioverebbe tutta questa operazione? Certamente a chi spera di fare affari sulla realizzazione delle infrastrutture relative alla potabilizzazione e sui relativi permanenti costi manutentivi, ma anche a chi pensasse magari ad una commercializzazione (tramite imbottigliamento) dell’acqua di sorgente del Ruzzo (che come è noto è una delle migliori d’Italia). L’auspicio è che si percorrano tutte le strade affinché non venga penalizzata la qualità delle acque erogate nella provincia di Teramo, perseguendo la strada maestra della manutenzione della rete idrica esistente e della riduzione delle perdite eccessive che menomano gravemente la portata teorica dei nostri acquedotti. Anche perché – sembra pleonastico ricordarlo – sarebbe masochistico puntare sulla potabilizzazione proprio nella nostra provincia, benedetta dal Signore con l’abbondanza di acqua massimamente salubre delle nostre montagne.
Maria Cristina MARRONI
Consigliere comunale di Teramo