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D'AMICO
Sono  sette gli indagati tra cui il rettore Luciano D’Amico nella sua veste di ex presidente del Cirsu nell'inchiesta della procura aperta su denuncia del presidente attuale del Cirsu Di Matteo. Gli altri nomi sarebbero ex vertici Cirsu ed ex Sogesa. L’inchiesta è stata appena aperta. L’attenzione di inquirenti e investigatori per ora si concentra sul fallimento Sogesa con l’obiettivo di ricostruire i tanti, e complessi, passaggi che nel 2012 portarono al tracollo della società. Situazione per la quale l’attuale presidente del Cirsu Di Matteo ha presentato in tribunale un esposto come atto di autotutela che chiama in causa le gestioni, tra il 2007 e il 2010, degli ex presidenti D’Amico e Lunella Cerquoni, scrive oggi il quotidiano Il Centro. L'esposto presentato da Di Matteo nell'agosto del 2014 nasce dall'esigenza, espressa più volte dall’attuale presidente del Cirsu, di fare chiarezza sui debiti accumulati negli ultimi anni dal consorzio per i rifiuti e sui danni patiti dagli impianti di Grasciano. Sempre secondo l’accusa di Di Matteo, ribadita nel corso di una conferenza stampa tenuta a febbraio, ammonterebbe a circa 10 milioni il danno patrimoniale causato dalle passate gestioni del consorzio, in un periodo compreso dal 2007 al 2010. Nell’esposto Di Matteo ha tirato in ballo la Sogesa perché l'ex socio privato di quest'ultima, l'Abruzzo igiene ambiente (Aia, società del gruppo Deco e proprietaria del 49% della Sogesa), vanta nei confronti del consorzio un credito di 2.250.000 euro: tale debito, ufficialmente riconosciuto dal Cirsu, non è stato mai liquidato perché, sempre secondo Di Matteo, il danno patito dal Cirsu sarebbe stato di gran lunga maggiore rispetto alla somma reclamata dall'Aia, scrive ancora Il Centro. La somma di 2 milioni e 250mila euro proviene dalla liquidazione del socio privato della Sogesa, società in seguito dichiarata fallita nel giugno del 2012, proprio dopo essere diventata totalmente pubblica. Successivamente al fallimento societario 53 dipendenti sono rimasti senza lavoro. Una situazione che ha portato in più occasioni le maestranze ad organizzare manifestazioni di protesta sia davanti al tribunale sia nella sede degli impianti di Grasciano. Il mancato pagamento del debito da parte del Cirsu ha coinvolto lo stesso consorzio in numerose vicende giudiziarie: il debito non liquidato è alla base, ad esempio, del "no" espresso dai giudici nei confronti della scissione societaria del consorzio in Cirsu e Nuova Era o, più di recente, dell'approvazione della richiesta di fallimento del Cirsu da parte della Corte d'appello dell’Aquila. La richiesta di fallimento era stata presentata dalla Deco proprio in virtù del mancato pagamento del debito, ma il tribunale di Teramo aveva respinto l'istanza.