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Per comprendere la gravità e l’ampiezza dei problemi che negli ultimi anni hanno colpito il comparto abruzzese delle costruzioni basta un solo numero: nel 2008, l’anno in cui è iniziata la crisi economica internazionale, nella nostra regione c’erano 52mila lavoratori dipendenti (dati casse edili) assunti dalle aziende edilizie abruzzesi, mentre oggi, nel 2015, i lavoratori edili sono scesi a 40mila. In valore assoluto dunque abbiamo perso 12mila addetti, un dato drammatico al quale se ne aggiunge tuttavia un altro: la scomposizione e deregolamentazione del settore, tale che oggi soltanto 23mila sono i lavoratori dipendenti, mentre gli altri 17 mila sono personale a partita Iva, sulla carta non dipendente dalle imprese. Un fatto che mai aveva raggiunto numeri così macroscopici. Un crollo del lavoro dipendente, unito a una modificazione negativa del sistema delle imprese, che contraddice le necessità che lo stesso comparto delle costruzioni afferma di avere: maggiore qualità delle aziende, riqualificazione complessiva del sistema e qualificazione del personale e del lavoro. A ciò si aggiunga che 23 mila lavoratori dipendenti lavorano soltanto per poche ore all’anno, 788 ore contro le 1700 previste dal contratto nazionale. Un’ulteriore dimostrazione della presenza di un diffuso lavoro grigio e di personale occupato a tempo determinato e per brevi periodi: 1-4 mesi. In Abruzzo poi esiste il cantiere più grande d’Europa: la ricostruzione post-terremoto. E tuttavia a fronte dei 10.600 occupati nell’edilizia presenti all’Aquila, ben 5.553 provengono da altre regioni: un dato fortemente squilibrato che non consente il rilancio del sistema edilizio regionale. E’ anche per questo che nella contrattazione integrativa i sindacati abruzzesi rivendicano unitariamente una maggiore attenzione per l’occupazione edile locale. Per quanto ci riguarda, pensiamo che la Regione debba decidersi a considerare in crisi il settore edilizio, e crediamo che in Abruzzo ci sono gli spazi per una crescita del lavoro e dell’edilizia, anche perché siamo nella condizione di veder finalmente realizzate numerose opere pubbliche (manutenzioni dell’esistente, nuove infrastrutture e riassetto idrogeologico del territorio), inoltre sono possibili e auspicabili nuove politiche di rilancio urbano, a partire dalle nostre città, un aspetto su cui punta molto l’Europa per una ripresa compressiva dell’economia, con un’edilizia di qualità e “a consumo zero del suolo” legata alla ristrutturazione dei contesti urbani. Tornando infine all’opportunità offerta dalla ricostruzione post-terremoto, vogliamo denunciare il tempo perso e la lentezza nell’avvio dei lavori. Tale ad esempio che due elenchi di pratiche già istruite e finanziate nel capoluogo regionale (gli elenchi 10 e 11, approvati rispettivamente ad agosto e a dicembre 2014) ancora non vedono iniziare i rispettivi cantieri, con lavori bloccati per centinaia di milioni di euro. E neppure sono iniziati, sempre a causa della mancata erogazione dei fondi (lo stanziamento è pari a 122 milioni) numerosi cantieri al di fuori del cratere sismico: per esempio a Teramo, Sulmona e Popoli. E’ anche per questi motivi che la Cgil organizzerà in Abruzzo uno “sciopero alla rovescia”, laddove nei prossimi giorni e nei prossimi mesi promuoveremo sui territori iniziative e azioni per denunciare l’alta disoccupazione edile e i cantieri che non si aprono neppure quando sono finanziati.       Gianni Di Cesare, segretario generale Cgil Abruzzo                                                 Silvio Amicucci, segretario generale Fillea Abruzzo