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Riti2
La nostra vita si compone di riti, ovvero di azioni simboliche, che ripetiamo abitualmente senza neppure farci più caso: prepararsi un caffè al mattino, portare i figli a scuola, mandare un messaggio alla propria amante, leggere i giornali sul web. Uno dei tratti essenziali dei riti è la ripetizione, da non confondersi con la routine perché capace di produrre una qualche intensità.

Per Kierkegaard "la ripetizione è un vestito indistruttibile che calza giusto e dolcemente, senza stringere né ballare addosso" e aggiunge "felice davvero sarà soltanto chi non inganna se stesso fantasticando che la ripetizione debba essere una novità". Invece, nella società neoliberista, soltanto il nuovo assurge a qualcosa di interessante. Ci sentiamo appagati soltanto da ciò che ci dà nuovi stimoli, eccitazioni ed esperienze, perciò anche i sentimenti, che possono diventare comunitari, vengono sostituiti da impulsi e ardori.  Per questo la comunità viene sostituita dalla community, "una forma merceologica e consumistica della comunità".

Accanto al concetto di novità c'è il concetto di tradizione, legato alla necessaria sopravvivenza dei riti, che hanno anche il compito di identificare i passaggi fondamentali della vita. Non a caso, per alcuni riti, si parla di riti di passaggio, "rites de passage" "che strutturano la vita come le stagioni". "Chi varca una soglia conclude una fase della vita ed entra in una nuova. Le soglie, come passaggi, ritmano, articolano e raccontano proprio lo spazio e il tempo". 

Il filosofo Byung-Chul Han, nel suo nuovo libro "La scomparsa dei riti" (Nottetempo, 138 pp.), riflette proprio sulla dissacrazione della società priva di riti, una società in cui domina una comunicazione senza comunità, perché "le informazioni e le merci preferiscono un mondo senza soglie", che, come passaggi, raccontano proprio lo spazio e il tempo.

Nella società neoliberista diventano merci anche le emozioni, infatti "i sentimenti comunitari si formano sempre più di rado". Al contrario sono gli istinti fulminei e momentanei, caratteristici di un individuo senza comunità, a dominare. Anche la politica è politica dell'impulso: "la politica è ragione e mediazione, ma la ragione, che possiede una grande intensità temporale, oggi cede sempre più il passo a impulsi momentanei".

Tutto questo produce depressione: bisogna essere performanti, convincenti, produttivi. Cosa si produce oggi con maggiore efficacia? L'Io "non produce un oggetto, bensì si produce". Allora "è proprio l'autoreferenzialità narcisistica a costruire la prestazione". 

Al contrario in una società piena di riti non si può avere depressione, perchè l'Io viene completamente richiamato dalle forme rituali: "I riti riassumono il mondo, producono un forte rapporto col mondo, mentre alla base della depressione c'è una smodata autoreferenzialità". Anche per Roland Barthes i riti ci proteggono dalla fragilità emotiva, perché rendono il sentimento abitabile.

Nel regime neoliberista ci si sfrutta da soli, credendo di rafforzare così il proprio ego, invece accade esattamente il contrario: non si rafforzano i sentimenti, non si è più liberi, al contrario dominano gli impulsi bestiali.

"L'homo psychologicus narcisistico è progioniero in se stesso, nella propria ingarbugliata interiorità. La sua povertà di mondo lo fa semplicemente girare su se stesso, così cade in depressione".

Han contesta dunque la falsa idea dei riti come costrizioni, come limiti imposti dal Potere per limitare la libertà, sono invece proprio la novità, l'originalità, la trasformazione a essere coercitive in modo subdolo, nascosto. Questo spiega altresì come oggi il tempo libero sia tempo vuoto, che provoca horror vacui, da riempire connettendosi ai social: "non riusciamo più a chiudere né gli occhi, né la bocca", ma neppure ad aprirli per bene quegli occhi. "La crescente pressione sulla prestazione non rende possibile nemmeno una pausa per riprendersi, per cui molti si ammalano proprio nel tempo libero. Questa malattia ha un nome: "leisure sickness". Allora anche il riposo e la festa possono raggiungere una forma di frenesia per coprire il vuoto esistenziale.

Questo porta a una somiglianza paurosa dei giorni: tutti sembrano uguali, perché spesso si lavora anche di domenica o durante le feste. Siamo incapaci di dominare il vuoto dagli impegni, siamo dannati nel lavoro e nella coercizione a produrre, se non produciamo merci produciamo noi stessi. Schiacciati dalla coercizione a lavorare e a produrre smarriamo il senso del gioco, fondamento secondo J. Huizinga, in Homo ludens, di ogni cultura, elemento innato dell'agire umano. Resta solo il gioco debole, e qui Han cita Bataille, ovvero quello che "si inserisce nella logica produttiva poiché serve a riprendersi dal lavoro".

Per Han non sono dunque scomparsi i riti, alcuni dei quali anzi sono proliferati, ma se ne è perso il significato profondo, simbolico, che rendeva una società comunità. A caccia di nuovi stimoli, eccitazioni ed esperienze, perdiamo il senso della narrazione e i sentimenti comunitari. Le emozioni individuali si possono consumare senza fine, i sentimenti comunitari rappresentano il cemento della vita in comune: per Han la "comunità rituale è una corporazione (Korperschaft)", vi è insita una dimensione corporea di cui tutti noi rappresentiamo proprio le parti.

MARIA CRISTINA MARRONI