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FlaiaxEnnio Flaiano è un autore che sfugge alle classificazioni, alle etichette, ai giudizi facili dei quali, talvolta, è rimasto vittima, risentendosene. Il tempo, a cinquant’anni dalla morte, ha reso giustizia alla sua statura letteraria che partecipa, quasi identificandosene, alla statura umana. 

La caratura del personaggio, infatti, si specchia interamente nell’opera, tanto che è arduo approcciare un’analisi sulla sua produzione senza avanzare, di pari passo, un’indagine che consideri puntualmente anche la personalità dell’autore. Entrambe le prospettive si intrecciano, suggerendo all’interprete la sensazione che l’insieme degli scritti di Ennio Flaiano non rappresenti altro, se non la compiuta fenomenologia del suo spirito. 

Una perturbazione costante ha avvolto la sua vita, una perturbazione che si è solidificata nella scrittura e ha trovato in essa anche il proprio palliativo. Tale perturbazione è originata dal carattere dell’autore e dalla sua capacità unica di leggere la realtà che lo circonda, della quale egli avverte, in ogni episodio, in ogni esperienza, l’intrinseca e irrisolvibile problematicità. 

Una crisi intellettuale permanente che, lungi dall’essere un’estenuante infiammazione, si rivela un effetto ineluttabile dell’approccio realistico che l’autore adotta nella lettura del mondo nel quale vive, analizzato ferocemente e senza sconti, ma dal quale trae sempre l’indicazione di una patologia cronica della società del suo tempo. È da questo dato che scaturisce, in un uomo alieno da cinismo, lucido e appassionato, la crisi ineludibile che ai fini artistici si rivela feconda e ubertosa. 

La complessa produzione flaianea, che attraversa svariati campi di impegno intellettuale, è irriducibile ad una definizione univoca. Anche quando la tipologia di genere appare formalmente rispettata, come avviene in particolare per le opere narrative e teatrali, i registri della sua scrittura producono continue contaminazioni di natura ilaro-tragica, risultanti dalla precipua carica satirica, che però non esclude toni di profonda amarezza e, nel contempo, una capacità di illuminarsi di autentico umorismo e di affilate ironie. 

Nell’eterogeneità delle forme letterarie flaianee si colloca anche la galassia, oggetto di sempre crescente ammirazione, degli scritti per il cinema e delle incursioni giornalistiche. Una produzione, quest’ultima, frutto di un’attività frenetica, ininterrotta, solo apparentemente collaterale all’impegno strettamente letterario, poiché finisce per intersecarsi con la letteratura propriamente detta, convincendo il lettore di una poliedricità precipua dello scrittore, caratteristica che rifiuta il poter essere sezionata, pena la perdita del valore aggiunto che solo la visione d’insieme può restituire. 

Un tentativo di classificazione, o quello di limitare il campo di indagine, presto si consumano, sfuggono di mano, facendo scivolare la trattazione in un’analisi generale sulla personalità e l’opera dell’autore, sulle sue tematiche, sulla visione della vita che esprimono e sui referenti che le ispirano. 

D’altro canto, se risulta evidente che la scrittura di Flaiano tenda volutamente alla frammentarietà, alla disorganicità, all’infrazione delle regole e degli statuti letterari di genere, è altrettanto vero che pochi scrittori novecenteschi riescano come lui ad essere interpreti organici del nostro tempo, condensabile nei concetti di complessità e problematicità, due fuochi che con sorprendente anticipo si percepiscono nella fisionomia intellettuale dello scrittore. L’assenza di una concezione del mondo capace di ordinare i mille garbugli del reale è infatti programmatica in Flaiano, uno scrittore dalla peculiare indipendenza sia dal sistema letterario e sia dagli schieramenti ideologici e partitici che accolsero nelle proprie file la gran parte degli intellettuali operanti nella parte centrale del secolo scorso. 

Si deve peraltro considerare che per lungo tempo il nostro è stato un autore sostanzialmente sottovalutato dalla critica, disorientata dalla spiazzante poliedricità della sua scrittura di confine tra letteratura, giornalismo, diari e cinema. La lenta, successiva metabolizzazione, aiutata dal fatto di non essere stato – come scrittore – penalizzato dall’editoria e di essere riuscito a pubblicare ininterrottamente anche grazie alle sue relazioni di caffè e di salotto, hanno assicurato a Flaiano una visibilità e una riconsiderazione attenta delle sue pagine. Ne è emerso un apprezzamento pressoché generale e un orientamento critico che ha qualificato l’autore come scrittore satirico, esplicitazione di sicuro momento che si sostanzia nella concezione flaianea di satira, intesa come ricerca di verità e come forma di protesta contro una società dominata dalla spersonalizzazione e dalla stupidità, una società che non si è fatta scrupolo di svendere i valori umani e civili. 

Di fronte a una simile realtà, l’intellettuale sceglie la solitudine come unica dimensione per restare dalla parte dell’uomo, per tentare la difesa di quei valori in cui ancora crede. La carica etica sottesa alla satira tesse collegamenti e armonizza un mosaico di tessere: l’errore, la paradossalità della vita, il viaggio come metafora dell’esistenza, l’incongruenza del reale, la stupidità, le vane speranze nelle possibilità dell’arte. I registri del meditativo, del lirico, del malinconico e dell’ironico attraversano uno spartito di puntuale critica sociale, culturale, di costume. 

Le concezioni del cinema e del teatro, nettamente distinte una dall’altra, vengono articolate in una visione personale: il cinema è sostanzialmente l’espressione di una cultura mercificata, congeniale alla società dei consumi e dell’informazione, quindi non un’arte ma un’anti-arte lontana dall’ideale di libertà, in quanto destinata ad essere l’officina dei sogni del grande pubblico; il teatro invece è un mezzo di discussione e di protesta, capace di guardare non ai fatti, bensì all’essenza segreta delle cose, in virtù dell’importanza che la parola riveste nel testo teatrale. Flaiano difende il teatro come quel luogo della ricerca artistica e morale che – a differenza del cinema – esiste nell’accezione estetica del reale, utilizzando un linguaggio di testimonianza e di contrapposizione alle mistificazioni sulle quali si regge la società. 

L’opzione satira si materializza nella mente e sulla pagina come un piede di porco necessario a scardinare una società che non ha bisogno di intellettuali, ma chiede solo individui conformati che non deraglino dai binari della funzione produttiva. L’apparenza del distacco, dello scetticismo e dell’ironia, sottendono la crociata contro le forze disgregative e una difesa dei valori di coesione familiare e sociale. 

La dimensione narrativa, espressa nei romanzi e nei racconti, è intrisa della difficoltà di costruire opere di ampio respiro, volgendo verso un ripiegamento che si acconcia ad una rinuncia dolorosa ma necessaria a nuove poetiche e nuove prospettive, per esplicarsi nel vivere la propria crisi di uomo anche attraverso una crisi delle soluzioni espressive. 

La perturbazione attraversa le pagine come un fiume carsico, in altri casi come pioggia battente o malinconica, ma è in essa che occorre immergersi per far luce sull’eziologia e indicare i benefici effetti di cui è portatrice.

 

MARIA CRISTINA MARRONI