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 Screenshot_2025-07-05_alle_10.05.07.pngDiego De Silva è un autore che ha il dono della tridimensionalità della letteratura: attraverso il linguaggio, con la pazienza di un plasticatore, plasma personaggi e situazioni che acquisiscono presenza scultorea dinanzi agli occhi del lettore.
Il suo ultimo romanzo, "I titoli di coda di una vita insieme" (Einaudi), è stato presentato ieri sera nella romantica cornice della rotonda Las Palmas a Martinsicuro, con la luna e il mare a fare da scenografia, invero poco calzante con la trama, che tratta dello spegnimento - lento quanto inesorabile - del focolare domestico fra un marito scrittore e una moglie oncologa che per decenni hanno vissuto un matrimonio denso e soddisfacente, coronato da un figlio oramai adulto.
La bravissima editrice Valeria Di Felice, nell'alveo della rassegna letteraria "Neon" organizzata dall'Amministrazione comunale, in particolare dalla consigliera delegata alla Cultura Giuseppina Camaioni e dalla consigliera delegata alla Biblioteca Valentina Coccia, ha dialogato con lo scrittore Diego De Silva il quale, con perizia da entomologo, ha saputo analizzare il compiersi della frattura coniugale e l'allargamento della linea di faglia, fino al sopraggiungere del prosaico momento della separazione.
Che ci si lasci è un fatto di ordinaria banalità, ma l'autore è intrigato dal mistero delle motivazioni che inducono il sopraggiungere della fine, un mistero che fa il paio con quello dell'innamoramento, che resta inintellegibile, e che può essere narrato senza peraltro scalfirne i segreti.
L'indagine condotta da De Silva è punteggiata da scene che avvincono nella capacità indagatoria delle relazioni sentimentali, ma il dipanarsi del lungo addio coniugale definisce i contorni della nobiltà dell'amore e del matrimonio: se è imperscrutabile il motivo per il quale Fosco e Alice ricevettero la scintilla e si misero assieme, è grande e degna di ammirazione l'architettura del loro matrimonio, un'ammirazione che non deve mai essere sminuita dalla fine dell'amore.
De Silva pretende di rimarcare quanto sia fantastico e irripetibile ogni amore, il quale - nel momento del sipario che scende per sempre sulla vita coniugale - invoca la necessità di una liturgia della fine che sia il più possibile rispettosa dell'altezza del sentimento che è stato e che non può né deve essere cancellato.
I coniugi, mentre diventano ex, abbisognano di essere accompagnati con il rispetto che si deve a un qualcosa di grande e di significativo, non già con le formule fredde e impersonali con le quali la legge demanda al giudice la formalizzazione della separazione.
I coniugi, al funerale del proprio matrimonio, meritano che ci sia la letteratura a descrivere il rispetto del lutto, non lo squallido giuridichese codificato da leggi e avvocati, meritano che ci sia chi sappia raccontare le vette raggiunte nel percorso di una vita, non già un giudice sconosciuto che nulla sa di ciò che è stato e che deve persino trattare i coniugi come bambini, dovendo obbligatoriamente esperire un tentativo di conciliazione che si rileva ridicolo e imbarazzante.
Persino le stanzette sciatte, fané e impolverate dei tribunali, laddove si compie il rito della separazione, sono un'offesa e un attentato a quell'opera d'arte che è stata il matrimonio.
Un grande libro che nasce già per essere un classico, lettura imprescindibile per chiunque voglia acquisire uno sguardo differente sui rapporti di coppia, ma soprattutto esercizio di alta sartorialità del linguaggio da parte di un fuoriclasse della parola che merita di stare nel pantheon delle librerie di tutti.
MARIA CRISTINA MARRONI
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