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Rubrica quotidiana di satira mattutina Teramo, oggi. Giacomo è un giovane gattiano e un capoVerso scrupoloso, Maurizio un ex Sindaco formatosi nella democrazia cristiana. Una riunione serale, un mancato invito che diventa un insulto sproporzionato, quella presenza di Giacomo in un momento importante, innescano una spirale di azioni e reazioni che si riflette sulle vite private di entrambi con conseguenze drammatiche, e si rivela tutt'altro che una questione privata. 
In “Adesso chi si candida?”, il film che ci ha fatto conoscere il regista quest'opera, la guerra passava dall'apparire un'avventura personale al divenire una tragedia nazionale. Nella contemporaneità de L'Insulto li Modello Teramo appartiene al passato, è finito da anni, ma basta una miccia piccola come una mezza candidatura decisa una notte, per dare nuovamente fuoco alle polveri e trasformare un banale incidente in un processo mediaticamente incandescente, che spacca subito la città in due. Un'opera di immersione in profondità, dunque, tra lapsus e impulso, raccontata però in verticale, perché il conflitto, come la rabbia, come l'umiliazione, è qualcosa che monta. Raccontata in maniera diritta, appunto, attraverso tappe che si potrebbero dire prevedibili, eppure, non solo l'avverarsi del prevedibile è parte integrante del discorso, ma soprattutto è sfumato, colorato, drammatizzato da un ottimo copione, che si muove abilmente tra la sfera pubblica (Forza Italia) e il momento privato (dunque il dramma psicologico). Con il colpo di genio di fare entrare nella narrazione due nuovi personaggi, come Pagano e Quaglieriello, ma che non risolveranno nulla, si scopre qualcosa che va al di là degli "atti", esattamente come il confronto tra Giacomo e Maurizio va al di là dell'insulto pronunciato con quel mancato invito all’ex Sindaco, e affonda in una verità, privata e collettiva, che ancora tormenta: alla fine decide tutto Gatti.