Tra le (tante) doti di Giandonato Morra, abbiamo sempre apprezzato (tanto) quella innata vocazione alla “battuta a chiudere”, quella capacità di fare sintesi in tre parole, che spesso vale più di mille discorsi. L’avvocato teramano riesce, giocando sul filo dell’aforisma, a tratteggiare i contorni di un orizzonte politico, senza lasciare spazio al dubbio. Così ha fatto anche ieri, nel commentare l’atteggiamento dei vertici abruzzesi di Forza Italia (tra i quali restiamo in attesa di capire cosa c’entrasse Paolo Gatti, che ha abbandonato la politica) che, nella cena a Palazzo Grazioli, avrebbero chiesto a Berlusconi di rimettere tutto in gioco e - udite udite - di pretendere un candidato di Forza Italia. Il commento di Morra, che invoca la necessaria stesura di un velo pietoso sull’atteggiamento degli azzurri, è la sintesi perfetta del momento di dramma politico e umano (e diremo perché) che Forza Italia sta vivendo. Politico perché alle cena con Silvio c’erano seduti il consigliere regionale di Forza Italia che ha deciso di far cadere il Sindaco di Forza Italia di Teramo, sia il coordinatore regionale di Forza Italia in Abruzzo che ha cercato di evitarlo, senza riuscirci. E sono gli stessi, Gatti e Pagano, che abbiamo visto a Teramo celebrare la candidatura di Giandonato Morra Sindaco, pochi mesi prima di ricomprendere lo stesso Morra tra i candidati “inadatti” e “trovati al mercato” da Fratelli d’Italia. Forse, con un curriculum recente come questo, a Palazzo Grazioli Gatti e Pagano sarebbero dovuti andare solo a portare un pensierino natalizio, due caggionetti e un parrozzo, per poi tornarsene a casa mestamente silenziosi. E invece no, si sono seduti a cena e hanno chiesto a Berlusconi di rimettere tutto in gioco. Il buon SIlvio, che non ha assolutamente voglia di discutere con Meloni e Salvini, sapendo fin troppo bene che in questo momento il peso politico di Forza Italia all’interno della coalizione è pari a quello del due di coppe con la briscola a spade, avrebbe preso tempo. Anzi: avrebbe detto che la scelta è quella di affidare il candidato a Fratelli d’Italia, ma che comunque avrebbe portato sul tavolo nazionale le richieste della delegazione abruzzese. Che è praticamente quello che accade in tutte le famiglie, quando da bambino chiedi a tuo padre se ti compra la play station e lui ti dice “A Natale vediamo”, e sai benissimo che ti toccherà il maglioncino.
Martino però, non si rassegna al maglioncino e, dopo aver cercato occasioni di visibilità con esternazioni politiche durate il tempo di una schermata facebook, annuncia felice che : «Il presidente Silvio Berlusconi, ci ha assicurato che si impegnerà nel prossimo confronto con Salvini e Meloni a presentare l'istanza della dirigenza abruzzese, compatta, di rinegoziare la decisione del tavolo nazionale, e di assegnare in Abruzzo a Forza Italia la scelta del candidato presidente alle elezioni del 10 febbraio», e in sottofondo sembra di sentire le note di “Tu scendi dalle stelle” suonate con il flauto di plasticona delle medie. Martino è contento, Pagano anche perché dice che il nome del candidato arriverà entro una settimana e Gatti, con la tradizionale simpatia retorica, demolisce la triade di Fratelli d’Italia (partito nel quale lo stesso Gatti militò per il tempo di una candidatura e di una trombatura parlamentare). E mentre Bellachioma ribadisce che, anche per la Lega, il candidato spetta a Fdi e non si discute, le sartine di Palazzo Grazioli sistemano i maglioncini nei pacchetti per Paolo, Antonio e Nazario,
Poi, Morra. «… qualche alleato credo che stia giocando più a tressette a perdere, e non a parlare di un programma, di un candidato condiviso, e a lavorare per quello che l'Abruzzo di centrodestra vuole: ritornate al Governo di questa regione». Poi, la pennellata: «Sulla non convinzione di alcuni sulla terna di nomi, io credo che la non convinzione non parta da un giudizio sulle persone che compongono la terna, ma sulle ambizioni personali. Qualcuna legittima, qualcuna sovraordinata o sovrastimata perché credo che dietro i tre, e mi dispiace che ci sia anche io, ci sono tre persone con le loro storie, e state certi, anche con un futuro politico. Ma poi dire che non vanno bene, senza poi dire quale criterio sarebbe quello giusto, mi sembra una comunicazione un po' monca, e allora ben venga il tavolo nazionale, chiudiamo questa partita e stendiamo un velo pietoso”.
Possibilmente, che sia un velo di un tessuto che non attiri peli di gatto.