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Rubrica saltuaria di satira mattutina   Che Alberto Covelli, ex consigliere di maggioranza della naufragata maggioranza Brucchi, nell'ideale briscola politica teramana, possa asprirare a far da mazziere, con una candidatura a Sindaco, è cosa lecita. Siamo in una democrazia e tutti gli elettori sono, in teoria, eleggibili. E che Alberto Covelli, oltre ad aspirare, voglia anche giocare  d'azzardo, uscendo allo scoperto con una pubblica dichiarazione, è cosa altrettanto lecita. In fondo, ci sta che un aspirante candidato Sindaco voglia forzare un po' la mano, giocando un carico, ma perché la giocata abbia un senso, è fondamentale che ci sia una partita. Invece, la partita non c'è. Covelli sta giocando da solo. Si è autocandidato, ma senza aver ricevuto pubbliche testimonianze di appoggio da altri partiti, schieramenti o coalizioni. Lo appoggia, per ora, solo Dodo. E non ci sarebbe niente di male, se Covelli intuisse che, fino al giorno dell'investitura ufficiale, sarebbe il caso di evitare esternazioni da candidato Sindaco. Invece, no. Covelli esterna. E fa male. Basti leggere l'ultima esternazione, sul teatro romano: «In merito al progetto di recupero del Teatro Romano non voglio rimanere in silenzio anche se le mie competenze professionali non mi permettono di svolgere un’analisi tecnica. Pertanto, nel pieno rispetto dell’attività compiuta dai professionisti incaricati vorrei dire che, quantomeno dal punto di vista estetico, la struttura frontale del progetto non appare molto confacente rispetto al contesto archeologico ivi presente. Innanzitutto, dalle immagini circolate sulla stampa, mi sembra di rivedere la vetrata che circonda il settore curva del nuovo Stadio. A tal proposito non riesco ad immaginare che un’opera ben adattata in una zona periferica possa trovare una collocazione anche a ridosso di un sito archeologico di altissimo valore storico; probabilmente se gli edificatori dell’età Augustea avessero conosciuto l'arte contemporanea avrebbero desistito a costruire molte delle loro opere. Il secondo aspetto è quello di evitare, ancora una volta, di oscurare così come già avvenuto per piazza Sant’Anna, delle opere architettoniche di tale portata. Ultimo aspetto è legato al fatto che non voglio che si replichi quanto accaduto con i lavori di corso San Giorgio, ovvero che la rappresentazione grafica del progetto restituiva un effetto differente rispetto ai lavori eseguiti. Concludo, così come già è stato ipotizzato da più parti, invocando con urgenza un confronto tra le associazioni culturali presenti in città che tanta attenzione hanno mostrato al progetto, le Istituzioni ed i progettisti così da giungere ad una immediata risoluzione della questione anche perché in caso contrario ed in assenza di convincenti argomentazioni, con me Sindaco, quell'opera così progettata difficilmente verrebbe realizzata». A parte qualche fastidioso inciampo grammaticale (vabbè, vuole fare il Sindaco, mica il professore...però la cosa infastidisce), l'esternazione covelliana colpisce per la premessa e per la chiusura. Quel meraviglioso: «....non voglio rimanere in silenzio anche se le mie competenze professionali non mi permettono di svolgere un’analisi tecnica» quindi sarebbe il caso di lasciar parlare i tecnici, o informarsi prima; e quel «...in assenza di convincenti argomentazioni, con me Sindaco, quell'opera....», con me Sindaco? Covelli, prima di essere Sindaco, si deve essere candidati. Da qualcuno, non da soli. Poi, magari, si esterna. Poi, magari si commenta. Poi, magari, si interviene. Nell'attesa, meglio il silenzio, altrimenti si corre il rischio di essere convinti di aver giocato un carico da undici, per poi scoprire di aver giocato un due. Di coppe. Con la briscola a bastoni.