David Copperfield nell’era degli oppioidi.
Un’appassionata critica alla povertà istituzionale e ai suoi effetti dannosi sui minori nella società.
Recentemente, sono venuta a conoscenza di una definizione che viene spesso utilizzata per descrivere la sensazione che si produce nei lettori quando un romanzo, particolarmente amato, finisce e non si riesce a smettere di pensare al mondo immaginario che si è concluso con l’ultimo inevitabile punto di chiusura.
Con Demon Copperhead devo ammettere di essere stata anch’io vittima di questi effetti postumi da “book hangover”, una sorta di “sbornia da libro”, come mi capita raramente.
Perchè Barbara Kingsolver, con questo romanzo, non si limita ad omaggiare Charles Dickens (che già, di per sé, guadagnerebbe la mia stima), ma fa rivivere in chiave moderna David Copperfield ai giorni nostri e trascina letteralmente il lettore dentro la storia.
Partiamo dunque dal principio, dal plot narrativo di Demon Copperhead, romanzo ambientato nelle montagne degli Appalachi meridionali che racconta la storia di un ragazzo nato da una madre single adolescente in una roulotte, senza alcuna risorsa oltre al bell'aspetto e ai capelli color rame del padre morto, uno spirito caustico e un fiero talento per la sopravvivenza.
E la qualità si comprende immediatamente, già dall’incipit, incisivo e sincero, che dà l’avvio alla storia: “Prima di tutto, sono nato. C’era una discreta folla ad assistere all’evento e, come sempre, è tutto quello che ha fatto; il grosso del lavoro è toccato a me, dato che mia madre era per così dire fuori compattimento”.
In una trama che non si ferma mai per riprendere fiato, trasmessa con una voce spietata, l’autrice affronta i pericoli moderni dell'affidamento, del lavoro minorile, delle scuole abbandonate, del successo atletico, della dipendenza, degli amori disastrosi e delle perdite schiaccianti.
In tutto questo, Demon fa i conti con la propria invisibilità in una cultura popolare dove persino i supereroi hanno abbandonato le popolazioni rurali a favore delle città, in un viaggio epico, lungo e ricco di eventi.
A suo modo cerca di uniformarsi, tenta di accontentare gli altri nel tentativo, spesso vano, di evitare i conflitti, perché, come spesso accade, accontentare gli altri ed evitare lo scontro nasconde una paura profonda del rifiuto.
La scrittura raffinata accompagna il lettore in luoghi così oscuri, deprimenti e pericolosi con i suoi dettagli intimi, che viene da chiedersi perché sia tanto bella. Ma la bellezza è lì, in ogni pagina, in ogni evento e in ogni crisi: straziante, ma edificante.
Colpisce il fatto che l’autrice sia riuscita a prendere questa rivisitazione di David Copperfield e a dare voce alla crisi causata dall’uso smodato e incontrollato di oppioidi negli Appalachi ai giorni nostri. Appare subito lampante il parallelismo con quanto vissuto dal David di Dickens, considerato che, a dirla tutta, non è cambiato molto dall’epoca vittoriana a oggi, quando si tratta di emarginare e ignorare le persone svantaggiate.
La trama, che ricorda come la grave povertà non è limitata solo ai centri urbani, è mescolata con passione politica e sociale, confermando l’impegno sociale oltre che squisitamente narrativo dell’autrice.
Una storia meravigliosamente intima, emozionante, straziante e toccante.
Il finale è pieno di speranza... ma prima di arrivare alla fine, viaggiamo attraverso la perdita dell'innocenza, l'alienazione, l'isolamento, il cinismo, il lavoro agricolo, il sarcasmo, la storia, le scuole, la vergogna, gli eventi attuali, gli eventi sociali, il bene contro il male, la perseveranza.
La stoccata finale nell’ultimo paragrafo dei ringraziamenti. Ma, per questo, lascio la curiosità ai lettori che vorranno scoprire a cosa mi riferisco.
Prima di concludere, qualche curiosità.
Barbara Kingsolver è un’attivista e femminista, e nel 2000, ha istituito il Premio Bellwether (letteralmente “campanello d’allarme”) per la narrativa. che finanzia gli scrittori emergenti le cui opere sostengono un cambiamento sociale positivo nel mondo.
Il romanzo si è aggiudicato l’ambitissimo premio Pulitzer 2023 per la narrativa ex aequo (per la prima volta in 105 anni) con un altro romanzo, Trust di Hernan Diaz (edito da Feltrinelli).
Interessantissima scelta quella di premiare due romanzi letteralmente agli antipodi, considerato che mentre la Kingsolver, con Demon Copperhead intendeva accendere una luce su un pezzo degli Stati Uniti ignorato e frainteso, nel caso di Trust la prospettiva si ribalta perché quest’ultimo racconta l’altra faccia dell’America, ricca e ambiziosa, quella delle persone che, per capacità o per la fortuna di essere nate in contesti benestanti, hanno “fatto i soldi veri”, come ha dichiarato lo stesso Diaz.
Titolo: DEMON COPPERHEAD
Autore: BARBARA KINGSOLVER
Edito da: NERI POZZA
Traduttore: LAURA PRANDINO
Genere: Letteratura contemporanea, Narrativa straniera