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CONSUMARETESTATA*Perdere un padre e smarrire le parole.*
*Sciogliendo i nodi di dolore che legano la sua vita dopo la morte dell’amato padre, la meditazione di Adichie sulla perdita è eloquente, bruciante e onesta.*

> " Sto scrivendo di mio padre al passato e non posso credere che sto scrivendo di mio padre al passato."

-Notes on Grief- in italiano Appunti sul dolore è stato scritto durante le settimane e i mesi successivi alla morte del padre dell’autrice James Nwoye Adichie, che fu il primo professore di statistica della Nigeria, e fu pubblicato per la prima volta come saggio sul New Yorker.
Un volume di appena 96 pagine in cui l’autrice mette a nudo le sue emozioni ed esplora la brutalità di quei primi disperati momenti di dolore, questo "tipo crudele di educazione" in questa nuova vita non richiesta, una vita senza la sua presenza.
Ciascuna delle sue 30 brevi sezioni si legge come un flusso di coscienza, scarabocchiato casualmente su quaderni e sul retro delle buste, cercando di dare un senso all'insensato.
Con cruda eloquenza, le osservazioni di Adichie hanno, allo stesso tempo, un distacco accademico e un'inevitabile angoscia di essere al centro di questa realtà per la quale non c'è via d'uscita.
Appux
Sebbene breve, Appunti sul dolore è una lettura notevolmente ma al tempo stesso necessariamente scomoda, perché ci immerge all'interno di quell’inquietudine insopportabile dell’autrice in maniera dolorosamente cristallina.
Il dolore di Adichie in queste pagine è così palpabile che si può quasi assaporarne l'amarezza e riesce a catturare la sconcertante confusione della perdita, in una società familiare che vuole riconquistare la serenità, quando l’autrice semplicemente vorrebbe urlare o meglio ancora risvegliarsi e sapere che è stato solo un incubo.
_"La mia rabbia mi spaventa, la mia paura mi spaventa, e da qualche parte c'è anche vergogna: perché sono così arrabbiato e così spaventato?"_ scrive.
Anche l'atto dello scrivere parole confortanti in un libro degli ospiti di condoglianze le suscita ira: _“Penso: 'Vai a casa! Perché vieni a casa nostra a scrivere su quel quaderno alieno? Come osi rendere questa cosa vera?'”._
Questi sono i pensieri di una donna che ha perso suo padre, non sono educati, non sono rispettosi, perché il dolore “è scortese e opprimente”. Le sue parole danno, perciò, una voce autentica a queste emozioni che spesso vengono evitate e represse.
Nel suo racconto l’esperienza della morte e del lutto è palpabile e viscerale con esplosioni poetiche di prosa immaginaria che rispecchiano la frattura del sé che avviene dopo la perdita di un amato genitore.
Adichie inizia con la comprensione di come il dolore sia una sensazione prima di tutto fisica e cruda, incontrollabile come il bisogno di espellere la bile quando si è malati o come il bisogno di spingere durante il parto.
Forse è perché il dolore non è una scelta, né lo è la profondità del dolore che si prova. Ti travolge, ti consuma e tutto ciò che puoi fare è resistere e sperare di non essere travolto dall'intensità della sua forza.
Questo romanzo, la sua verità, è in questo modo vissuto dal lettore al tempo stesso come personale dell’autrice e sorprendentemente familiare a chiunque abbia provato quella perdita.
Anche i ricordi di Adichie di suo padre sono allo stesso tempo confortanti e dolorosi. L'ultima parte del libro diventa un dolce racconto del loro legame, rafforzato da un amore condiviso, dall'orgoglio per la cultura, dall'apprezzamento accademico e persino dalla risata caratteristica del padre.
Appunti sul dolore diventa così un’opera più grande delle sue dimensioni ridotte, universale nell’esperienza della perdita di un genitore e nella lotta per piangere quella perdita, punto focale della storia che non trova una reale soluzione, ma la consapevolezza raggiunta dall’autrice è fondamentalmente una: la perdita diventa qualcosa con cui dobbiamo convivere, se davvero vogliamo continuare a vivere.

*NOTE SULL’AUTRICE*
Chimamanda Ngozi Adichie , è nata nel 1977 a Enugu, nel Sud della Nigeria, quinta di sei figli, appartenente a una famiglia di etnia igbo. Il padre lavorava come professore di statistica presso la locale Università della Nigeria, la madre fu la prima donna a diventare direttrice presso la stessa Università.
Inizialmente studentessa in medicina, grazie ad una borsa di studio si è laureata nel Stati Uniti in Comunicazione e Scienze Politiche. Durante il suo ultimo anno di Università iniziò a scrivere il suo primo romanzo Ibisco viola , pubblicato nel 2003, con il quale vinse l’Orange Prize (UK) e il Commonwealth Writers' Prize.
Nel 2006 pubblicò Metà di un sole giallo che ai aggiudicò l’Orange Prize nel 2009 e il Premio Internazionale Nonino in Italia nel 2009.
Il suo romanzo intitolato Americanah ha vinto il National Book Critics Circle Award e molte altre menzioni, ed è stato considerato uno dei cinque migliori romanzi del 2013 dal «New York Times».
Chimamanda Ngozi Adichie, universalmente considerata l’autrice femminista più influente, nel 2015 è stata inserita nella lista delle 100 persone più influenti al mondo secondo la rivista «Time».
Il suo lavoro e il suo impegno ruotano intorno alle questioni del razzismo e del femminismo.
Nella sua famosissima conferenza TedTalk Dovremmo essere tutti femministi ( visibile sulla piattaforma Ted: https://www.ted.com/talks/chimamanda_ngozi_adichie_we_should_all_be_feminists?hasProgress=true&subtitle=en&lng=it&geo=it) spiega, in modo diretto, chiaro, autentico che cosa intende per femminismo. Un femminismo costruttivo, inclusivo, che non odia gli uomini, non distrugge ma spinge ad una profonda riflessione sulla questione di genere e auspica un mondo migliore, dove le differenze vengano intese come un valore e non come una contrapposizione.