Jeff Buckley: il musicista romantico toccato dalla “Grazia”. Il 23 agosto ricorreva il trentennale dall‘uscita di Grace, il capolavoro che Jeff Buckley ci ha regalato prima della sua prematura scomparsa. Non sono imparziale quando si parla della musica di Jeff Buckley, perché al di là dei tecnicismi (non sono una musicista), della barriera della lingua che per alcuni può risultare insormontabile (forse un tempo lo era, oggi non più perché almeno in questo la tecnologia ha fatto passi da gigante e sul web è possibile reperire traduzioni dei testi senza alcun problema) o del gusto personale, Grace , unico album in studio dell’artista, rimane uno dei punti di riferimento della mia adolescenza.
Per quanto il legame nostalgico sia sicuramente presente e forte, e lasci spesso poco spazio alla oggettività e più alla emotività, è innegabile che questo album abbia segnato la storia della musica mondiale.
Grace: il regalo (unico ahimè) che Jeff ci ha lasciato
L'album Grace è l’unico album in studio di Jeff Buckley, pubblicato il 23 agosto 1994 con l’etichetta Columbia Records, prima della sua tragica scomparsa nel 1997.
Figlio del famoso cantautore Tim Buckley, Jeff venne subito notato per la sua straordinaria estensione vocale (quasi quattro ottave) e il suo carisma unico.
Ma cosa rende questo album così magico?
Forse la ricerca meticolosa e a tratti ossessiva di un particolare suono (che ha rallentato la registrazione in studio e la conseguente uscita dell’LP), e la sua miscela inconfondibile con la poetica espressa nei testi?
Anche.
Ma soprattutto la consapevolezza di trovarsi davanti alla commistione di generi così diversi (dal rock al folk, dal jazz al blues, fino ad arrivare alla musica classica) che ha sfidato la categorizzazione ed la capacità di esprimere la grande varietà di conoscenze e la molteplicità di emozioni che questo artista, poliedrico e intricato (nel senso positivo del termine) aveva dentro.
Quando la musica e la poesia creano magia
La sua sensibilità, come uomo e come artista, era fortemente influenzata e guidata, con originalità e delicatezza, dalla letteratura e dalla poesia di cui Buckley era grande appassionato, tanto da trasporla nei suoi testi e adattarne le influenze alla musica che creava.
Ascoltando la traccia n. 8 " Corpus Christi Carol ", chiaramente ispirata al periodo elisabettiano e alla tradizione inglese, è possibile notare come l’artista abbia portato con sé in questo brano la lirica e la poetica di William Shakespeare , trascinando con intensità all’interno del brano i temi dell’amore perduto e dell’angoscia esistenziale che permeano chiaramente l’intero album.
Per non dimenticare il legame con Walt Whitman , con il quale condivideva lo stile esuberante e la fluidità di espressione ( Lover, You Should've Come Over - traccia n.7, che si concentra sui temi del rimpianto, della solitudine e del desiderio insoddisfatto, esplorati con un'intensità emotiva e una liricità struggenti), e la connessione generazionale con i poeti della Beat Generation , in particolare Allen Ginsberg e Kerouac, che hanno permeato la sua musica di misticismo ed esplorazione della coscienza, ribellione alle convenzioni sociale e ricerca di connessione spirituale ( Mojo Pin - traccia n.1).
L’atmosfera gotica di alcuni brani di “Grace”, come la traccia n. 10 “ Dream Brother ” continuano ad evocare il romanticismo di poeti come Edgar Allan Poe , con immagini oscure e oniriche, intrise di un senso profondo di tormento (tutti temi rintracciabili nelle opere di Poe) insieme alla sua ossessione per la morte e il dolore amoroso.
Infine, la traccia più famosa, ossia la cover del famosissimo pezzo del poeta Leonard Cohen , ossia “ Hallelujah ” (traccia n. 6), in cui la poesia e l’intimo collegamento tra Buckley e Cohen rappresentano un mix perfetto tra voce, musica, parole e anima, e che chiaramente rievocano i temi comuni dell'amore, della spiritualità e del senso di perdita.
La canzone " Grace " (traccia n. 2) che dà il titolo all’album, è una delle espressioni più intense della sua poetica, intrecciando la profondità emotiva del musicista alla sua esplorazione spirituale dell'amore, della vita e della morte.
L’amore è rappresentato come una forza che trascende l’esperienza umana, divenendo spirituale e divino, in grado di sollevare l’animo umano al di là di ciò che è percepibile come terreno o fisico.
"And the rain is falling, and I believe / My time has come."
L'amore, come veicolo della morte, come transizione naturale in grado di trasportare l’esistenza oltre i limiti fisici del mondo: l'amore che dona la “grazia” alla morte. Non distruttiva, ma creativa e rigenerante, impregnata di una comprensione del ciclo della vita.
"Well, it's my time coming, I'm not afraid, afraid to die."
Le immagini evocative dell'acqua e della pioggia suggeriscono il fluire della vita e l'inevitabilità del cambiamento:
"And the rain is falling and I believe / My time has come."
Una visione della vita sicuramente malinconica, ma mai lamentosa quella Buckley, la cui fugacità non priva la vita stessa della sua bellezza e che, grazie alla sua voce evocativa e intrisa di lirismo, accompagna chi ascolta lungo un “viaggio” emozionante.
Jeff Buckley: l’ultimo dei romantici?
Un album complesso, intenso ed immaginifico, evocativo e dolce, di quella dolcezza che ti sa commuovere, perché tocca tasti interni, sconosciuti e nascosti, come le sue dita toccavano le corde della sua chitarra.
In “ Last Goodbye " (traccia n. 3), una canzone che parla dell'addio a una relazione, Buckley esplora l’emotività complessa che accompagna la fine di un amore, non limitandosi ad esprimere il dolore della separazione, ma soffermandosi su quella “zona grigia” in cui convivono dolore, rimpianto, ma anche accettazione.
“This is our last goodbye / I hate to feel the love between us die.”
A differenza di quanto descritto in molti testi di canzoni d’amore, non coesistono solo la sofferenza o la rabbia, ma una profonda accettazione che ciò che è stato è ormai passato, e la vita deve andare avanti, anche se dolorosamente.
"Did you say, 'No, this can't happen to me' / And did you rush to the phone to call?"
La particolarità di questo brano è il netto contrasto tra testo (in cui si parla di un amore perduto) e musica, caratterizzata da una tale energia e vitalità che potrebbe quasi sembrare positiva, con un arrangiamento dinamico e una melodia che cresce di intensità.
Infine, uno dei miei brani preferiti, " Lilac Wine " (traccia n. 4: conosciuta principalmente attraverso le performances dal vivo di Jeff Buckley, si tratta di una cover di una canzone scritta da James Shelton nel 1950).
La sua interpretazione ed espressione emotiva è capace di stabilire una connessione così profonda con chi ascolta, trasmettendo il dolore e il desiderio che, attraverso la musica, creano l'esperienza coinvolgente e intensa.
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Titolo : GRACE
Autore : Jeff Buckley
Etichetta discografica : Columbia
Genere : Alternative Rock, Folk Rock
Pubblicazione : 23 agosto 1994
Cos’altro aggiungere?
Grace di Jeff Buckley non è solo un album musicale, ma un'esperienza.
Un’esperienza che si sviluppa su molti livelli, in cui le parole e le immagini, la poesia e la musica, unite alla sensibilità artistica di questo grandissimo musicista, esplorano profondamente l'amore e continueranno a risuonare per sempre.