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Metafox*“C’era una volta un concerto…”.
Forse tra qualche anno si racconteranno storie di tempi passati in cui ci si riuniva in luoghi piuttosto affollati, si attendevano ore sotto il sole, accaldati e felici, dopo aver affrontato ore di viaggio per arrivare sul posto e si finiva per raccontarsi ad estranei con i quali ci si ritrovava ad urlare a squarciagola le canzoni del proprio artista preferito.
Per decenni, la musica dal vivo è stato questo e molto altro.
Essere in uno stadio, in una piazza o in un teatro, condividere l’energia della folla, percepire le vibrazioni delle casse e vivere un’esperienza multisensoriale unica.
Negli ultimi anni, però, partecipare a questi eventi o anche solo riuscire ad acquistare un biglietto è diventato proibitivo, non solo per la crescita esponenzialmente folle dei prezzi che rende l’esperienza sempre meno accessibile alla maggior parte delle persone, ma anche per la difficoltà di riuscire anche solo ad acquistare un biglietto.
Con l’avvento del metaverso, però, la musica dal vivo sta assumendo nuove forme, con concerti “virtuali” che intendono offrire una modalità alternativa e innovativa di partecipare agli eventi musicali.
Ma cosa si perde e cosa si guadagna con questa trasformazione? È davvero un compromesso accettabile?
*Il metaverso come palcoscenico globale.*
Il metaverso è un universo digitale condiviso, un ambiente immersivo in cui milioni di utenti possono incontrarsi, interagire e vivere esperienze comuni senza limiti fisici.
Per la musica, questo significa concerti che possono raggiungere un pubblico globale senza confini di spazio o capienza.
Tra i fenomeni più celebri il concerto “Astronomical” di Travis Scott su Fortnite, che ha raggiunto oltre 12 milioni di spettatori simultanei (The Verge, 2022) o quello delle Blackpink, famossissimo gruppo KPop per su PUBG Mobile con oltre 12 milioni e mezzo di accessi alla piattaforma. Numeri inimmaginabili per un evento fisico.
Tuttavia, che si parli di democratizzazione sostenendo che chi vive in aree remote o non può permettersi i costi di un viaggio o un biglietto molto caro trovi nel metaverso un’opportunità preziosa, mi pare una iperbole piuttosto astuta, considerato i volumi di accessi streaming e la conseguente monetizzazione che tali eventi generano.
Nonostante le nuove opportunità digitali, nulla potrà mai replicare esattamente l’esperienza di un concerto dal vivo.
L’arena gremita, il calore della folla, il contatto diretto con l’artista e la condivisione di un’emozione collettiva sono aspetti profondamente umani, che non possono essere replicati in un ambiente virtuale.
*Artisti virtuali e nuovi modelli creativi*
E se si può creare un evento completamente virtuale perché non anche un artista completamente digitale o band virtuali?
Presto detto e già fatto. Ad esempio i PLAVE, che mescolano intelligenza artificiale, animazione e musica per creare nuovi linguaggi espressivi, un gruppo di ragazzi K-pop virtuale che incorpora personaggi virtuali resi da artisti della vita reale attraverso la tecnologia di motion capture.
Insomma...un incubo.
In un’epoca in cui l’algoritmo detta i ritmi e le esperienze si consumano attraverso uno schermo, l’ascesa dei concerti virtuali e degli artisti digitali non è solo una rivoluzione estetica o tecnologica: è il segnale di una cultura che rischia di svuotare l’arte.
Certo, l’accessibilità globale e le possibilità creative offerte dal virtuale sono impressionanti. Ma se sul palco non c'è più un essere umano in carne e ossa, ma un avatar generato da intelligenze artificiali, si finisce per perdere qualcosa di essenziale: la fragilità, l’imprevisto, l’imperfezione — tutto ciò che rende un’esibizione realmente viva e reale.
Dove vanno a finire gli errori o l’improvvisazione? E le emozioni?
L’<<artista virtuale>> del resto non invecchia, non si ammala, non pretende diritti, non si ribella, non si espone. Sicuramente il sogno di ogni discografico e dell’industria musicale in generale!
Se il futuro della musica dal vivo è destinato a passare da avatar olografici, ad ambienti immersivi preconfezionati e pubblico replicato in digitale, allora è legittimo chiedersi che ne sarà del sudore, del caso, dell’errore umano — insomma, di tutto ciò che rende un concerto vivo?
La tecnologia potrà anche arricchire l’esperienza, ma non dovrebbe né potrà mai sostituirla.

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