Le esalazioni venefiche dell'incendio, miste all'effetto ustionante della fuliggine inspirata, avrebbero provocato la morte di Dritan Cobo, l'albanese di 47 anni che venerdì notte, a Lucignano di Civitella, aveva deliberatamente dato fuoco alla sua abitazione per sterminare la famiglia, moglie e quattro figli. E' quanto emergerebbe dalle prime risultanze dell'autopsia eseguita questa mattina dal medico legale Cristian D'Ovidio, su incarico del pubblico ministero Francesca Zani.
L'esame autoptico avrebbe in sostanza reso una fotografia abbastanza in linea con la versione fornita dal figlio ventenne del falegname/allevatore, il quale aveva ingaggiato una colluttazione con il padre che, fermo sull'uscio di casa, impediva agli altri famigliari di mettersi in salvo. Lo stesso figlio aveva messo una mano al collo del genitore per bloccarlo, permettendo così ai fratelli e alla madre di uscire, mentre la casa bruciava. L'azione del giovane avrebbe fatto perdere i sensi all'uomo che, una volta accasciatosi, avrebbe respirato i fumi scaturiti dall'incendio. La ricostruzione, confermata da altre testimonianze, escluderebbe dunque una volontà del giovane di far del male al padre, quanto piuttosto di impedirne una reazione volta a bloccare i famigliari: tanto è vero che è stato lui stesso, una volta portato in salvo gli altri, a rientrare nell'abitazione per prendere il padre e trascinarlo fuori dell'abitazione in fiamme ed evitare che finisse carbonizzato.
Una relazione con una prima conclusione sotto il profilo scientifico, rispetto al quesito posto dal pubblico ministero, sarà rimessa domattina dal consulente. Sarà poi lo stesso magistrato, oltre a concedere il nulla-osta per la sepoltura della salma, a prendere le opportune decisioni sotto il profilo penale. Nel fascicolo aperto con l'ipotesi di incendio e morte come conseguenza di altro reato, l'unico indagato è appunto il figlio ventenne: un atto dovuto per permettergli di nominare un consulente di parte che partecipasse all'autopsia.