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Era tutto falso. La bufala della tentata violenza sessuale nel bosco sarebbe stata, nella mente di chi l'aveva architettata, una storiella per mettere in cattiva luce dei parenti con i quali c'erano vecchi attriti legati a vicende patrimoniali. L'obiettivo era quello di far ricadere su un uomo di quel nucleo famigliare la responsabilità di un atto becero, il cui racconto aveva già scandalizzato la piccola Tossicia.

Ma la magistratura ha scoperto tutto e oggi la casalinga 38enne che raccontò di essere stata sequestrata mentre gettava l'immondizia fuori casa e trascinata nel bosco a bordo di un'auto da due sconosciuti, per essere violentata, è finita sul registro degli indagati per simulazione di reato e procurato allarme.

La vicenda fu da subito messa sotto la lente d'ingrandimento dei carabinieri del comando provinciale di Teramo, ma nella ricostruzione mancavano dei tasselli importanti. Era come se la donna si fosse dematerializzata nel tragitto da casa verso il bosco: le immagini degli impianti di videosorveglianza non avevano ripreso mai, nessuna, macchine sospette da casa verso il punto dove fu poi ritrovata dopo una chiamata ai militari fatta da lei stessa. Raccontò che gli aggressori dopo averla denudata, si erano dati alla fuga, spaventati dallo squillo del suo cellulare per una chiamata in arriivo.

Con lei, nell'informativa siglata dal pubblico ministero Enrica Medori, come atto di chiusura indagini, risponde della stessa contestazione un uomo che avrebbe concertato con lui il falso racconto. Ma c'è di più. Perché quella mattina del 2 dicembre di un anno fa, la 38enne fu effettivamente trovata nel bosco, con i piedi legati con il nastro adesivo, seminuda, e a liberarla fu una pattuglia dei Carabinieri Forestale, o meglio un carabiniere in particolare: il suo nome compare nel registro degli indagati e anche per lui viene chiesto il rinvio a giudizio per divulgazione di atti coperti dal segreto. In attesa della definizione della vicenda giudiziaria è stato sospeso dal servizio.