La Polizia di Stato de L’Aquila, dalle prime ore di stamane, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, sta eseguendo in 14 province italiane decine di misure cautelari in carcere e perquisizioni nei confronti di cittadini stranieri, indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuti membri dell’organizzazione mafiosa nigeriana denominata Black Axe.
Il capo dell’organizzazione, il national head, si trovava all’Aquila e gli indagati sono 55 in totale: 12, sull’Aquila, sottoposti a perquisizione. Il capo aveva scelto il capoluogo di Regione perché in posizione strategica nonché vicina a Roma. Aveva una casa regolarmente a lui affittata.
L’indagine è partita nel 2018 dall’inchiesta ‘Papavero’, nata per lo spaccio in centro storico. Qui gli investigatori si sono resi conto che c’era dell’altro. Le indagini sono state svolte dalla squadra mobile diretta da Marco Mastrangelo con l’ausilio della polizia giudiziaria.
Il prefetto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine, ha ricordato che “la pecularietà è la deriva di questa organizzazione nel campo del riciclaggio con tecniche particolari. L’accattonaggio, ad esempio, veniva usato per iniziare nuovi adepti poi dislocati nei parcheggi dei supermercati delle varie città coinvolte.
“Per riciclare il denaro – ha spiegato Fausto Lamparelli direttore del servizio centrale operativo – veniva usato un sistema che consente di riciclare ingenti somme, di illecita provenienza, inviando i soldi in Nigeria ma anche col criterio delle somme regolarmente acquisite attraverso attività come gli African Shop diventati punto di riferimento per coloro che vogliono trasferire somme in Nigeria”.
“La mafia nigeriana è una delle più pericolose- hanno sottolineato il procuratore Michele Renzo e il questore Gennaro Capoluongo.
I Black axe sono nati come confraternita universitaria: dalle migliori intenzioni iniziali poi la deriva nel tempo.
Il Commissario Benedetta Mariani ha seguito passo passo tutti i passaggi dell’indagine. Sono stati monitorati i vertici del cult (le confraternite nigeriane – cult è il termine con il quale si definiscono – è una tipologia di organizzazione criminale sorte in Nigeria a partire dagli anni settanta, all’inizio erano solo associazioni segrete di studenti in seguito si sono via via dedicate ad attività criminali) con un governo ben specifico e ruoli ben distinti. Da casa, a domicilio, si riuscivano a consumare tante attività criminali attraverso internet. Per l’ammissione al cult specifici riti e prove da superare, in Nigeria. Scoperte anche delle collette con apposite chat Whatsapp per finanziare la sussistenza delle famiglie delle persone arrestate: con un libro mastro si annotava ogni spesa e ogni aiuto.
I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal GIP Buccella su richiesta del procuratore Renzo e del sostituto Gallo.
Quella che è stata sgominata è un’organizzazione finalizzata al compimento di numerosi reati tra cui traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe ‘romantiche’, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione.