SISMA/ I CASALESI CON LE MANI NELLA RICOSTRUZIONE: SETTE ARRESTI ALL'AQUILA
Non c'è pace tra le macerie dell'Aquila. A pochi giorni dallo scandalo manette e mazzette, ecco che le cronache devono tornare nella citta' devastata da sisma per racciontare un'altra storia di ricostruzione e illegalita', La Guardia di Finanza ha eseguito oggi sette ordinanze di custodia cautelare, quattro in carcere e tre ai domiciliari, nei confronti di imprenditori impegnati nella ricostruzione post-terremoto all'Aquila.
I sette arrestati, accusati anche di avere contatti con il clan dei casalesi", oltre che di estorsione aggravata dal metodo mafioso, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro sono Elio Gizzi, ex presidente dell'aquila calcio, attuale amministratore e direttore generale della societa', i fratelli Dino e Marino Serpetti. Quindi Alfonso, Cipriano e Domenico Di Tella e Michele Bianchini tutti aquilani a eccezione di Bianchini, originario di Avezzano, secondo le accuse i sette imprenditori coinvolti nell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia dell'Aquila si rivolgevano alla camorra, in particolare al clan dei Casalesi, per farsi procurare le maestranze a basso prezzo. I guadagni degli operai formalmente assunti con regolare contratto venivano poi dagli stessi restituiti con versamenti al bancomat.
Sono invece in corso di esecuzione circa trenta perquisizioni. Gli altri indagati dovrebbero essere una ventina tra imprenditori e soggetti che lavoravano nelle imprese. Secondo quanto si è appreso i sette stavano effettuando importanti e ingenti lavori nell'ambito della ricostruzione privata
"La vera forza delle mafie sta fuori le mafie, in quella zona grigia che le circonda e assume rapporti a scopo di profitto". Così il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, nel corso della conferenza stampa all'Aquila dopo i sette arresti di imprenditori accusati di "contiguità con il clan casalesi". "Oggi non parleremmo di infiltrazioni - ha fatto notare - se non ci fossero alcune imprese che, dopo aver acquisito dei lavori, li hanno appaltati in toto alle imprese criminali tramite i Di Tella". Una critica è arrivata alla governance della ricostruzione. "L'insufficienza dei controlli è stata agevolata da un quadro normativo molto debole - ha attaccato - non affidato a norme vincolanti, ma a linee guida puntualmente disattese". Roberti ha rimarcato anche che "non ci sono atti violenti, ma solo intimidazioni a cedere indietro una parte del guadagno che andava a comporre fondi neri. Ma c'era l'accordo di tutti - ha proseguito - i lavoratori venivano presi, portati qui a lavorare e poi costretti a restituire una parte dei loro legittimi guadagni al clan e agli imprenditori".