La procura della Repubblica di
Pordenone ha notificato avvisi di conclusione delle indagini a nove
albanesi ai quali viene contestato di aver messo commesso 36 furti in
tutto il territorio nazionale, tra il mese di settembre e quello di
dicembre, nei negozi di H&M. Ad essere colpiti sono risultati
principalmente negozi del Nord Est. Ma le investigazioni hanno
permesso di accertare come in diverse occasioni il gruppo, dimostrando
notevole mobilità su tutto il territorio nazionale, era arrivato a
colpire anche i punti vendita H&M situati nel centro - sud Italia ed
in particolare nelle province di Ravenna, Chieti, Teramo, Civitanova
Marche e Campobasso.
Le indagini, coordinate dal Procuratore Capo della Repubblica di
Pordenone, Raffaele Tito, sono iniziate a settembre in seguito alla
denuncia presentata dall'avvocato della società che aveva lamentato il
verificarsi, durante l'orario di apertura del centro commerciale, di
una serie di furti di capi d'abbigliamento presso il punto vendita di
Gran Fiume, sito a Fiume Veneto (PN). L' indagine, condotta dagli
agenti della Squadra Mobile della Questura di Pordenone, ha
consentito, spiega una nota della questura di Pordenone, di scoprire
l'esistenza di un vero e proprio sodalizio criminale composto da nove
persone, di cui cinque donne e quattro uomini, tutti di origine
albanese che alternandosi in gruppi, una volta in Italia si muovevano
a bordo di autovetture prese a noleggio, raggiungevano i vari punti
vendita H&M del territorio nazionale per rubare numerosi capi di
abbigliamento, dal valore di migliaia di euro, occultandoli
all'interno di carrelli della spesa appositamente muniti di
dispositivi antitaccheggio.
Terminate le loro trasferte i componenti del sodalizio facevano quindi
rientro nel loro paese d'origine dove, la merce trafugata, una volta
giunta in Albania, veniva messa in vendita dalla moglie di uno degli
arrestati all'interno dei punti vendita ''H&M'' situati nelle città di
Tirana, Durazzo e Valona gestititi proprio dalla donna stessa. Per
questo i due coniugi, ritenuti i capi dell'organizzazione, sono stati
indagati anche per l'ipotesi di reato di auto riciclaggio in concorso.