E’ il corpo glaciale più meridionale d’Europa, l’unico degli
Appennini. Ogni anno perde circa un metro di spessore, che nei punti
più profondi non supera i 25-30 metri. L’analisi chimica del ghiaccio
del Calderone, a 2.600 metri di quota, all’ombra delle pareti del Gran
Sasso, potrebbe raccontare la storia climatica e ambientale
dell’Italia centrale. Ma in quale condizione si trova quel ghiaccio?
gli strati accumulati nei secoli, sono ancora al loro posto o sono
stati mescolati dalla fusione?
Per rispondere a queste domande l’Istituto di scienze polari del
Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr) e l’Università Ca’ Foscari
Venezia, nell’ambito del progetto Ice Memory, finanziato dal Ministero
dell’Università e della Ricerca, hanno organizzato una campagna di
rilevamento e di raccolta di campioni di ghiaccio dalle profondità del
corpo glaciale. La prima fase della campagna sul Gran Sasso si è svolta
tra domenica 13 e lunedì 14 marzo. I ricercatori del team veneziano,
in collaborazione con colleghi dell’Istituto nazionale di geofisica e
vulcanologia (Ingv), dell’Università degli Studi di Padova e della
società Engeoneering Srls, sono arrivati sul Calderone per svolgere
indagini geofisiche (con georadar ed elettromagnetometro) e
topografiche.
La missione è stata possibile grazie alla collaborazione del Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco, che ha partecipato con un proprio
elicottero e personale specializzato.
Se le carote di ghiaccio si dimostreranno un archivio sufficientemente
conservato, potranno ambire a essere custodite per decenni nel
‘santuario’ dei ghiacciai montani in sofferenza che sarà realizzato
dal programma internazionale Ice Memory. Gli archivi glaciali del Gran
Sasso resterebbero così a disposizione delle future generazioni di
scienziati anche quando il Calderone, già declassato da ghiacciaio a
glacionevato, fotografia iconica del glacialismo mediterraneo, sarà
definitivamente scomparso.
La successiva missione di carotaggio del corpo glaciale è prevista per
aprile. Collaborano alla campagna sul Gran Sasso anche il Comune di
Pietracamela, il Club Alpino Italiano con il rifugio
Franchetti, AKU e Karpos.
Ice Memory è un’iniziativa co-ideata e coordinata da Carlo Barbante,
direttore dell’Istituto di scienze polari del Cnr e professore
all’Università Ca’ Foscari Venezia.
“Le attività di ricerca scientifica che il pool di ricercatori sta svolgendo sul ghiacciaio del Calderone – sostiene Antonio Villani, sindaco di Pietracamela – testimonia l’importanza che questo sito ha nella salvaguardia dell’ecosistema italiano, al pari di altri ghiacciai situati sulle Alpi, che evidenziano medesimi rischi di estinzione.
I cambiamenti climatici impongono una riflessione sui modelli di sviluppo delle economie nazionali, ma in modo particolare di quelle aree ad alto valore ambientale ed a rischio di marginalizzazione economica. Per questo motivo abbiamo dato immediata disponibilità al team di ricercatori, in quanto dalla conoscenza dei luoghi e delle dinamiche dei cambiamenti bisogna attingere preziose indicazioni per immaginare lo sviluppo socio-economico del territorio.”