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Rapino


Remo Rapino  ha presentato il
 suo romanzo  “Cronache dalle terre di Scarciafratta” (minimum fax) nel Palazzo Kursaal di Giulianova,ha dialogato con l’autore la professoressa Alessandra Angelucci.

“Quella di Giulianova è stata una esperienza bella e preziosa, -ha detto Rapino- da ricordare. Forse queste parole ne rappresentano un giusto corollario….  

Queste le sue risposte alle nostre domande.

Sulla Rocca di Scarciafratta, svuotata dopo un terribile terremoto, resiste solo Ruscitti Domenico ( Mengo) che ridà voce a quelli sommersi dalla morte, gli “spasulati che vivono la terra”. Da dove comincia il viaggio del suo libro?

Il libro, ogni libro, comincia sempre dalle voci. In tal senso la scrittura è una forma di ascolto. 

I primi passi di un viaggio sono dettati, per quanto mi riguarda, dalla ragione e dal cuore: dar voce agli ultimi della fila, a chi vive ai margini, per ricordare a tutti il senso dell’umanità, cioè chinarsi per aiutare chi è caduto ad alzarsi. Poi vengono le parole, le storie. Scrivere è sempre un atto politico, un pretesto per condividere sentimenti e un gesto verso l’altro.

In Liborio, protagonista di “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”, c'è tanto del suo papà

Certo. Le date di nascita e di morte, ma soprattutto i racconti di episodi come quello della rivolta antinazista del 6 ottobre ’43, da sempre un motivo di orgoglio per tutti i lancianesi. E poi, con mio padre, c’è la città, il perimetro del suo mono, con le voci, i ricordi, i sogni, le tristezze. Nell’anima di Liborio risiedono anche frammenti di quella di mio padre.

A chi si è ispirato per Mengo?

Ai tanti “spasulati”, ovvero  gli spiantati, gli sradicati, che popolano la terra. Mengo, in fondo, è un simbolo, testimone di una più vasta umanità, di quelli che non sanno neanche parlare, eppure fanno, a loro modo, la storia, la soffrono e, in certi frangenti, riescono perfino a cambiarla, a fare più gentile la terra con la loro ingenuità.

A Fabio Stassi, suo amico e collaboratore, ha spiegato  che è importante  utilizzare il dialetto abruzzese  anche se non tutti lo comprendono, nel libro c’è anche un glossario minimo.  

Perché usa il dialetto abruzzese nei suoi libri?

Più che il dialetto parlerei di un flusso parlato, costituito da gergalismi, dialettismi termini desueti, all’interno di un rapporto tra personaggio e linguaggio, utilizzando, nel contempo, le linee delle “sgrammaticatura” come di una sintassi libera da regolo rigide. Questo deve essere coerente con chi dà voce alla scrittura. Negli ultimi anni, da Graziano Gala a Omar Di Monopoli è emersa un interessante tendenza in tal senso: un legame forte tra psicologia, luoghi e linguaggi. E, non ultimo, amo personalmente esprimermi in dialetto, che è una lingua con le sue regole, le sue ricchezze, l’immediatezza del dar conto di emozioni e sentimenti: una comunicazione sincera, priva di retorica e bizantinismi.

Le cronache dalle terre di Scarciafratta” è un romanzo corale e collettivo, “coincidenza di anime”…

Sì, rispetto a Liborio, nelle “Cronache” si respira una più ampia coralità. Questa in Liborio era data dalle vicende storiche, qui si apre una sorta di epistolario collettivo, una Spoon River delle nostre contrade, ma non solo. Il Registro delle Anime ne è un esempio evidente. 

Nel libro c’è anche il riferimento a Marcinelle?

E non poteva non esserci, essendo una ferita ancora aperta nella coscienza di un popolo e che andrebbe sempre ricordata, nel suo drammatico significato, alle giovani generazioni. La scrittura è anche questo: un modo di coltivare la memoria in tutte le sue manifestazioni, penso alla Resistenza ad esempio, per la costruzione di un futuro di valori condivisi, di bellezza.

Professore, sempre tifoso del Lanciano?

Sì, ma ormai è come vivere un sogno. L’amore per la mia città passa anche attraverso questi sentimenti, in ogni caso da non sottovalutare, da queste emozioni. Un’altra eredità di mio padre. Ci sono stati bei momenti di vita nello Stadio dei ricordi. Diciamolo un volo di Icaro, dal sole al mare. Ma l’importante, anche qui, è il volo.

Remo Rapino è stato insegnante di Filosofia nei licei. Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione, alcune raccolte di poesie , tra cuiLa profezia di Kavafis e Le biciclette alle case di ringhieraCon Vita, morte e miracoli di BonfiglioLiborio ha vinto il Premio Campiello2020

 

ANNA BRANDIFERRO