Paolo dei Lupi dopo intense ricerche riesce ad avvistare il suo primo lupo. Nascosto tra gli alberi, con il fucile lo coglie preciso alla spalla. Il lupo poco dopo si accascia, come morto.
Paolo dei Lupi allora si avvicina emozionato alla preda, felice. Osserva l'animale, così addormentato, perché il suo fucile spara dardi narcotizzanti e non è capace di fare male a una mosca.
Paolo dei Lupi è felice perché lui i lupi li vuole salvare dall'ignoranza degli uomini, dai pregiudizi degli uomini.
Paolo dei Lupi osserva l'animale assopito, col pelo infeltrito da dove traspare la sua selvaggia magrezza, la sua forza.
Paolo dei Lupi non perde altro tempo. Prende il radiocollare e lo stringe al collo del lupo. Poi segna sul suo registro le caratteristiche dell'animale e dove è stato avvistato e censito, e,arrivato il momento di dargli un nome, scrive: Fratello! così decide di chiamare il primo lupo che ha avvistato nell'Appennino abruzzese.
Da qui parte il racconto della vita e dell'opera di Paolo Barrasso(1949-1991), biologo e poeta, tra i promotori dell'istituzione del Parco Nazionale della Maiella, che Francesca Camilla D'Amico ha portato ieri in scena al Teatro Luigi De Deo di Loreto Aprutino, accolta dal tutto esaurito.
D'Amico anima il suo racconto, fatto di tante esistenze insieme, muovendosi in un bosco virtuale di cui però vediamo solo i tronchi curvi - opera di William Santoleri, che ricava riciclando, ritagliando e lavorando delle lastre di metallo - capaci di riflettere, evocare lo specchio di luce lunare in modo davvero convincente - le luci sono curate da Renato Barattucci.
Francesca Camilla D'Amico, che è autrice anche del testo - mentre la regia è a cura di Roberto Anglisani, per una produzione Bramante Teatro -, riesce nella sua recita a portare avanti con ritmo uno spettacolo che sfora abbondantemente l'ora, una performance matura, allenata dalle tante repliche ma, soprattutto, da una vera passione da parte dell'artista per i temi ecologisti; lavoro questo dove possiamo facilmente ritrovare gli alti insegnamenti pedagogici del teatro brechtiano ma anche la lezione del racconto londoniano, cioè di ciò che va oltre il narrato; lavoro che credo renda viva la memoria di Paolo Barrasso, che in un giorno d'ottobre del 1991 si consegnò all'abbraccio della sua montagna.
MASSIMO RIDOLFI