Una premessa: non ho mai amato Diabolik. L’ho letto, ma non l’ho mai amato. Era il fumetto di riserva, nella mia gerarchia delle nuvole parlanti, quello da leggere nelle estati al mare, e solo nelle estati al mare, quando avevo già letto almeno due volte gli altri.
E gli “altri” per me erano, in rigidissimo ordine di preferenza: Alan Ford, Asterix, Linus, Zagor, I Fantastici Quattro, Topolino, Lanciostory, il Comandante Mark, Intrepido e, di riserva, Diabolik e Kriminal.
Con questa premessa, non immaginavo certo di innamorarmi del film, però mi sono avvicinato alla visione senza preconcetti.
E ho fatto male.
Perché, se ne avessi avuti, avrei evitato questa agghiacciante trasmutazione su grande schermo di un fumetto che non amavo.
Il Diabolik dei Manetti Bros, infatti, è in assoluto uno dei film più brutti che io abbia mai visto.
Da sempre.
Da quando ricordo di aver visto film.
Da quando amo il cinema.
Il più brutto.
E di gran lunga.
Non riesco a pensare ad un altro film, che mi abbia provocato una pari angoscia, ai limiti della vera sofferenza.
È un pastrocchione senza idee e senza neanche quel (minimo) di gusto vintage, che invece trasudava dalle pagine del fumetto.
Tre attori che apprezzo, due per le sole doti interpretative (Luca Marinelli e Valerio Mastrandrea) e la terza perché è Miriam Leone (e non si discute), condannati a recitare in una specie di fotoromanzo Anni ‘70, ma che offende la memoria storica dei fotoromanzi, pur ripetendone la fissità quasi statuaria.
Recitazione quindi ingessata, dialoghi da poliziottesco bulgaro (proprio così, perché poliziesco sarebbe già nobilitante), ma recitati con quel mezzo tono sotto la normalità, che è uno dei delitti più gravi del cinema italiano attuale.
Sulla trama, non vale la pena esprimersi, perché il fumettone dei Manetti non ha una vera e propria trama, ma “riciccia” quasi in copia e incolla le storielle dei giornaletti, che già di loro erano banalotte, nel senso che la struttura era sempre la stessa e l’esito sempre lo stesso, con Diabolik ed Eva a festeggiare e Ginko a leccarsi le ferite. I
l Diabolik dei Bros, sconta la scelta - secondo me assurda - di puntare sul vintage, senza attualizzare il personaggio e il contesto, costringendo Marinelli ad indossare una calzamaglia grottesca e una maschera improbabile, mentre sarebbe stato sicuramente più pagante, in termini prettamente cinematografici, rinnovare e innovare.
Prendete esempio dai ‘mericani, che hanno robotizzato persino il costume di Spiderman, ipertecnologizzato l’armatura di Ironman e riscritto in cinematografese il linguaggio fumettoso dei supereroi.
Per questo, loro riempiono i cinema di tutto il Mondo, mentre noi ci chiediamo quanto paghi di bollo la Jaguar di Diabolik, rimpiangendo Dorellik.
IL CRITICONE