Quando venni a conoscenza del crollo del Ponte Morandi di Genova, la prima domanda che mi arrivò alla mente fu: Ma è successo in Italia? Genova, in Italia? perché certe cose si vedono accadere solo nei paesi in via di sviluppo, dove il Capitale spinge a uniformare ogni cosa, persino la Natura, che, lentamente, matura la sue atroci vendette; è in certi luoghi che capita spesso di assistere a simili crolli, causati tutti dalla ingordigia, dalla presunzione, dalla intelligente stupidità dei ricchi, dei capitalisti.
E fu un soffio – con buona pace dei Professorenpoesie, che si dedicano a inesorabili quanto inutili scervellamenti, quando la poesia è invece, fatto ineludibile, sempre d'occasione: quando non fosse così, sarebbe mero decorativismo e mai Arte, cose senza alcuna speranza di farsi Poesia; magari di ciò resterebbe del pregevole artigianato, una buona sedia sulla quale sedersi, ma pur sempre solo una sedia simile e utile come tutte le altre rimarrebbe a sfidare pesi e polveri –, come sempre mi capita, che spinse la mia penna a scrivere questi versi, di getto, irresistibilmente mosso da quello che l'intellettuale deve fare e con rischio, cioè dare forma al pensiero che si fa azione civile e, quindi, politica: osservare, registrare, denunciare, testimoniare e conservare, questo è il compito dell'artista.
Per questo l'intelligere dell'artista è utile alla società; è utile a semplificare concetti complessi per renderli, con naturalezza, leggibili, comprensibili, partecipabili: è sempre il facile che è difficile da rendere e mai il contrario, e qui sta tutta l'Arte del mondo, tutta! davvero tutta; e bisogna sempre diffidare, con ragione, di chi complica ciò che è per sua natura semplice, sana, sacra cosa.
Poi avvenne che Nicola Crocetti – con il quale sono in contatto da tempo e che prossimamente, sempre su sua proposta per la rivista Poesia, pubblicherà in esclusiva un estratto del mio lavoro sull'opera di Stuart Z. Perkoff (Il Profeta di Venice, Letterature Indipendenti, Teramo, 2020) –, che era a conoscenza di questo mio testo già dall’agosto 2018, composto appunto nel pieno della tragedia, mi chiese se volevo pubblicarlo insieme a quelli di Maria Grazia Calandrone e di Plinio Perilli sul mensile Poesia (n° 341, Mensile Internazionale di Cultura Poetica, Anno XXXI, Ottobre 2018) in memoria delle vittime del crollo del Ponte Morandi di Genova del 14 agosto 2018, e così è stato.
Purtroppo il popolo italiano è campione della dimenticanza, quando quello del 14 agosto dovrebbe essere piuttosto il nostro giorno nazionale della vergogna, incancellabile licenziamento morale dei nostri “politici”.
Per questo ho sempre sostenuto che non bisognava ricostruire ma che era al contrario necessaria la conservazione dello Scandalo, dell’improvvisa voragine, di quell’urlo – coro di quelle 43 anime cadute per mano della partitocrazia, che vuol dire mera spartizione del potere pubblico a scopo privatistico –, in un paese mai pratico di memorie e di vergogna.
MASSIMO RIDOLFI
ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtu.be/VBNB3NiKDkw .
Ph.: POESIA n° 341, Mensile Internazionale di Cultura Poetica Anno XXXI Ottobre 2018, Copertina e p. 35.