• CANTORO
×

Avviso

Non ci sono cétégorie

WhatsApp_Image_2022-05-18_at_20.21.46.jpeg

WhatsApp_Image_2022-05-18_at_21.28.40.jpegWhatsApp_Image_2022-05-18_at_20.28.58.jpeg

E' stato un incontro di alto livello, quello che ha visto protagonista, all'hotel Abruzzi dib Teramo, davanti ad una folta ed attenta platea di professionisti Carlo Nordio, già Procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Venezia, e noto per importanti inchieste italiane come quella sul Mose, nonché protagonista della famosa stagione di Mani pulite, con la celebre inchiesta sulle cosiddette cooperative rosse. Negli anni ottanta condusse le indagini sulle Brigate Rosse venete e sui sequestri di persona e negli anni novanta indagò sui reati di Tangentopoli. È stato consulente della Commissione parlamentare per il terrorismo e presidente della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale. È stato, fino al pensionamento avvenuto nel 2017, procuratore aggiunto della Procura di Venezia, occupandosi di reati economici, di corruzione e di responsabilità medica. Ora è editorialista de Il Messaggero. All'incontro di ieri, Nordio ha presentato il suo ultimo libro: “Giustizia. Ultimo atto. Da Tangentopoli  al crollo della magistratura”.

A portarlo a Teramo è stata la Fondazione Einaudi, presieduta da Alfredo Grotta. 

«Teramo ha sempre avuto grande fermento culturale e passione politica - ha detto Grotta -  la presenza di Nordio significa che Teramo torna ad essere al centro del dibattito politico e culturale. Si deve parlare di temi come questi, temi di garanzia importanti per l'Abruzzo».

Interessante il titolo dell'incontro: “Quale futuro per la Giustizia in Italia?”. Al dibattito ha partecipato anche Rosita Del Coco, docente di Diritto Processuale Penale, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo. Focus sui quesiti referendari sui quali bisognerà esprimersi il prossimo 12 giugno. 

Cinque quesiti referendari, che aprono il tema sulla "giustizia giusta", e che Nordio ha definito essere l'inizio di quella  "rivoluzione copernicana" che deve interessare la Giustizia italiana. È per cercare di cambiare qualcosa, che  il 12 giugno  saremo chiamati a dire la nostra.