Valentina passa a prendermi alle 18:06: dobbiamo da tanto una visita al Maestro Glauco Barlecchini, che ci aspetta nel sua casa, nel suo appartamento al primo piano nel quartiere San Bernardo, Teramo.
Il caldo si fa sentire ma Valentina, arrivando direttamente dal lavoro, mi fa trovare l'interno della sua auto fresca di condizionatore: con me porto una bottiglia di buon pecorino, che il negoziante, un viticoltore di Controguerra che ha una rivendita in pieno centro, mi ha raccomandato di bere freddissimo perché è un pecorino in purezza che ha una certa struttura e gradazione. Ecco, salgo in macchina con questo pensiero: ricordare al Maestro Barlecchini di bere praticamente gelato il vino che io e Valentina gli stiamo portando.
E il Maestro è lì sul balcone al primo piano che dipinge, poco più in alto da noi, ancora dentro l'auto, che lo riconosciamo e salutiamo: ci sta aspettando.
Entrati in casa, il Barlecchini ci porta proprio sul balcone per mostraci quello che sta dipingendo, quello che ha in quel momento sul cavalletto: è uno scorcio di Via Vincenzo Irelli, a Teramo, in particolare la sezione iniziale della strada, quella che fa angolo (angolo acuto) con Via Luigi Paris, dove inquadra dei vecchi caseggiati a due piani che mi dice che probabilmente verranno abbattuti, e così vuole salvarli almeno alla memoria della pittura.
Barlecchini negli ultimi mesi si è dedicato alla pittura a carboncino: "La più antica, quella che l'uomo già utilizzò nelle pitture rupestri che raffigurano scene di caccia." ci dice. Ma è una tecnica che Barlecchini non aveva mai provato prima, tecnica di cui si scopre lui stesso entusiasta.
Infatti ci mostra, meravigliato lui stesso, i carboncini colorati, che non sapeva esistessero, che neanche noi sapevamo ci fossero: "Per lavorare bene ci voglio i materiali giusti." ci dice, mostrandoci il set di carboncini colorati sul suo piano di lavoro.
Poi sua moglie Maria ci offre qualcosa si fresco da bere e, subito dopo, il Maestro ci conduce nel suo studio dove ci mostra molti dei suoi ultimi lavori a carboncino che, dalle iniziali sfumature di grigio, ha saputo virare al seppia e addirittura ai colori che riesce a scaturire dal suo lavoro sul foglio dei carboncini: "Un lavoro di dita." ci dice, mostrandoci il pollice della mano destra macchiato, lisciato dall’uso del carboncino. Lavori che poi confrontiamo con i suoi noti acquerelli, dipinti esposti in parte in una sua ultima mostra (vedi link: http://bit.ly/3Ac6kxh)
Conoscevamo il Maestro Glauco Barlecchini come finissimo colorista in piena immersione nella natura, nei suoi oli, nei suoi acquerelli, nella decorazione delle ceramiche, dove i colori della terra sono predominanti, incredibili i suoi rossi, i gialli e i verdi delle sue ginestre, l’intensità dei suoi alberi, l’espressività di quelli spogli, scheletrici, che compaiono sui suoi fogli da dei sottilissimi colpi di pennello; incredibile il suo segno, che tutto muove nel quadro, da dove si può avvertire il vento o la quiete di un aria ferma ma mai umida, soffocante, tutta respirabile; e qui invece lo riscopriamo nella ricerca della luce tra quei grigi che, lentamente, sta riportando ai suoi colori.
Ecco, lo stavo per dimenticare: il vino, quello che abbiamo portato io e Valentina, Caro Maestro, va bevuto molto freddo, quasi ghiacciato.
MASSIMO RIDOLFI