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BixNella giornata di giovedì 8 settembre persone a me molto vicine e care, per uno strano scherzo del destino, si sono ritrovate a vivere da spettatori-ispettori un caso che ha quasi dell’incredibile, abitando in una villetta in prossimità di via Longo, il tratto di strada che interessa alcune delle case popolari della città e di cui il destino è da sempre argomento di grande discussione.

La storia inizia con una bicicletta magica, che appare e scompare inspiegabilmente.

Infatti, la padrona della villetta, mentre svolgeva una delle sue solite attività domestiche sul cortile, aveva notato una bici sospetta parcheggiata a qualche metro da quelle di sua proprietà. Bella, piuttosto nuova, con un taglio decisamente femminile: insomma era proprio un bel pezzo di bicicletta. Ma la signora, ingenuamente, conoscendo bene il  suo genero, aveva pensato potesse appartenergli e che lui l’avesse lasciata lì in attesa di trovarle una diversa destinazione. 

E fin qui niente di straordinario, direte voi, se non fosse che qualche ora dopo, affacciandosi dalla finestra, della suddetta bici non c’era più nessuna traccia. Puff, sparita nel nulla. Anche se suonava strano che dalla fontanella vicino alle scale scorresse acqua a non finire, dal momento che il rubinetto era completamente aperto. Diversamente dal cancello, rimasto ben chiuso. 

E’ vero che le biciclette hanno le ruote, ma nessuno finora ha mai sentito parlare di una che si muova in autonomia e che sappia anche scavalcare una recinzione.

Tuttavia, stando così le cose, chiaramente quella bici aveva sete, ma era anche un po’ maleducata e di certo non era affatto informata sulle battaglie per la sostenibilità della carenza idrica. 

Davanti a questa scomparsa, naturalmente, la nonna, insieme al nipote che intanto era sopraggiunto sul posto per aiutarla nelle indagini, si era preoccupata perché avrebbe dovuto dare spiegazioni al padre del giovane, decidendo, al peggio, che si sarebbero giustificati dietro la scusa di un furtarello ben riuscito, per quanto privo di educazione e sensibilità ambientale.

E anche fino a qui, ancora nulla di particolare, direte voi. Ma dopo pranzo, ecco accadere la vera magia: la bicicletta era tornata al suo posto, lasciando tutti completamente esterrefatti e basiti!

Il mistero si infittiva, ma alla luce dei nuovi fatti solo una poteva essere la soluzione: quella doveva essere per forza la bicicletta di Houdini, il più grande mago della storia.

Finché, a pomeriggio inoltrato, avvicinandosi al corpo del delitto per esaminarlo meglio e studiare bene le prossime mosse, una voce dalle case popolari richiama l’attenzione degli improvvisati detective.

Dal balcone di uno dei palazzi in disuso, un giovane uomo scuro di carnagione, presumibilmente africano, stava loro gridando in un italiano piuttosto stentato di lasciare in pace il suo velocipede, informandoli che fosse di suo possesso.

Vi lascio immaginare che divertimento provare a spiegarsi, urlando dai lati opposti della strada, tra una donna anziana un po’ sorda e cieca per l’età e uno che della nostra lingua capisce poco o niente, sul fatto che non si può invadere una proprietà privata, aspettandosi che questa funga da parcheggio gratuito quando a Teramo centro ormai i cittadini non sanno più decidere se convenga più pagare una multa o le strisce blu; quando tra Imu, Tasi e Tari un bene immobile costa allo Stato per i cittadini più di quanto essi guadagnino al lavoro.

Per mettere pace tra le due parti e soprattutto per insegnare al nostro ospite che non è educato prendere posto illegalmente in uno stabile abbandonato senza chiedere prima il permesso al Comune, alla fine, è intervenuta una volante della Polizia Municipale, che l’ha caricato in centrale per un controllo e una lavata di capo assicurata.

Lungi da me la più assoluta intenzione di scadere nel becero razzismo, questo però è proprio il caso di dire “Cari ragazzi, con tutto il bene, non siete mica a casa vostra, che pensate di poter fare come vi pare.”

E’ vero che di questi tempi più che mai tutto il mondo è Paese, ma non ci si può dimenticare che Paese che vai, usanza che trovi.

Insomma, un po’ di rispetto. Solo perché a Teramo, come nel resto d’Italia, lavori e burocrazia vanno di pari passo - e il passo è quello di lumaca -, nessuno vi autorizza a occupare di vostra spontanea volontà un tetto che non vi appartiene, per quanto esso sia cadente e indesiderabile allo stato attuale e di spadroneggiare di nascosto in quelle altrui, per di più senza invito.

E mi rivolgo al plurale, perché non c’era una persona sola ad abitare da chissà quanto tempo al primo piano del vecchio palazzo ma anche un altro, per cui prontamente gli agenti della Municipale hanno provveduto una seconda volta a trovare un nuovo “accomodamento”.

Ma, vi starete chiedendo, la bici magica che fine avrà fatto? 

Rimessa in strada per evitare qualsivoglia bega alla famiglia, benefattrice ignara di un’ospitalità non deliberata, si è allontanata con in sella un terzo uomo che, capito l’antifona, ha preferito non aspettare altre disposizioni dalla Polizia e, fatto bagatte e bagattelle, se ne andato a cercarsi da sé un’altra residenza.

Adesso, a conclusione di questo caso così avvincente, l’ultima domanda che rimane insoluta è “Ma il povero appartamento popolare da quanti altri sarà stato abusato, prima che qualcuno se ne accorgesse e mettesse fine alle sue sofferenze?”

Quella casa, signori, ora più che mai merita tutto il nostro sostegno. Come pure le giuste attenzioni che evidentemente non riceve da chi di dovere.

 

Eugenia Di Giandomenico