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Non ci sono cétégorie

corrosivo

 Un giorno potrò dire: io c’ero. Anzi, posso dirlo già oggi: Io c’ero. C’ero con molti altri, non moltissimi – causa pioggia - alla presentazione della nuova espressione del calcio teramano: la SSD Città di Teramo, che prenderà parte all’imminente campionato di Promozione, che partirà sabato prossimo a Montorio. Insomma: Extramuros. Il fatto è che il calcio teramano si è trovato di fronte a tre miracoli, due compiuti e il terzo non riuscito. Il primo, riuscito, è stato quello che lo ha visto assassinato da tre “Giuda” (sportivamente parlando) in soli tre anni, e portato a giocare dallo stadio di Reggio Emilia contro la Reggiana, sul campo di Montorio contro il Piano della Lente, la squadra di un quartiere di Teramo.

Il secondo miracolo, non riuscito, è quello di risorgere tre giorni dopo essere stato ucciso, e alcuni, tra i quali gli stessi che lo hanno assassinato, questo miracolo lo stanno ancora aspettando, continuando un osceno bocca a bocca respiratorio.

Il terzo miracolo, riuscito, è stato quello di allestire una società nuova di calcio in venti giorni e una squadra competitiva in dieci. Senza quest’ultimo miracolo, il calcio teramano sarebbe restato fermo quanto meno un anno, cosa successa nella lunga sua storia solo due volte: la prima nel 1935-36, quando la maggior parte dei giocatori e dei dirigenti partirono per combattere in Africa Orientale, e la seconda ancora per un’altra guerra, il secondo conflitto mondiale, quando non si poteva certamente giocare a calcio sotto le bombe. Eppure anche quell’anno vennero disputati campionati studenteschi e rionali e, quindi, una vera e propria scomparsa non fu. Questa volta sarebbe invece proprio scomparso, almeno il calcio teramano del capoluogo, perché squadre calcistiche teramane non del capoluogo ancora ci sono e attive.

Dunque un miracolo, compiuto da avventurosi personaggi che hanno deciso di provarci e dire davvero a Lazzaro di alzarsi e camminare. Lazzaro a camminare ci proverà sabato prossimo a Montorio. Ma non si chiamerà più Lazzaro, ha mutato nome, come il calcio teramano ha fatto molte altre volte, nascendo come A.S. Teramo, poi diventando Gran Sasso Teramo, poi Interamnia un paio di volte, di nuovo A.S. Teramo, S.S. Teramo, Libertas Teramo, poi di nuovo solo Teramo e infine, dopo un fallimento, Real Teramo e poi Teramo 1913. Proprio per questa discontinuità nella denominazione, ma nella sostanziale continuità storica nella sostanza, avevo espresso la mia meraviglia per il fatto che parte della tifoseria avesse assunto una posizione che era eufemistico definire “attendista” e più realisticamente era da definire di riottosa persistenza nel disconoscimento di una paternità, perché la passione della tifoseria è stata padre e madre delle tante rinascite e ripartenze e lo è anche di questa. Eppure, con molta puzza al naso, c’era, e c’è ancora, chi non si era schierato, non necessariamente con grande entusiasmo, ma almeno con un po’ di fiducia, a sostegno della nuova realtà societaria. Che ha tutori nobili, quali il sindaco D’Alberto, l’avvocato Gebbia e l’avvocato Paoluzzi, che hanno esaminato e approvato le intenzioni del nuovo gruppo. E perfino di un ex presidente quale Giovanni Cerulli Irelli, che della nuova società è, come è stato annunciato ieri sera, presidente onorario.

Meravigliava e meraviglia che proprio quanti più si erano e si sono scagliati contro l’assassino del calcio teramano, che si era avvicinato al calcio forse solo per interessi personali da imprenditore-prenditore, puntando alla gestione dello stadio più che a quella della squadra, erano e sono i più solerti nell’attendere una risurrezione della vecchia società, che non c’è stata e non ci potrà essere, perché inesistenti sono le ragioni giuridiche dell’ennesimo ricorso e perché mai un giudice, nemmeno a Berlino, inserirà il vecchio Teramo in un campionato superiore alla Promozione stravolgendone il corso e il calendario già avviati da tempo.

Come per le spose, anche per la nuova squadra si dirà: bagnata e fortunata? Non lo so. Ma è significativo che ci si affidi ad un capitano che si chiama Speranza, perché proprio di speranza si ha tanto bisogno in questo momento, ma un giocatore di nome Entusiasmo non si è trovato, forse proprio perché l’entusiasmo è poco e di pochi. Ma sono contento che almeno un pugno di vecchiacci ancora decisi, nonostante l‘età avanzata, a calcare i campi di gioco e a indossare una maglia biancorossa, e di giovani appena usciti dall’asilo del calcio, partano per Montorio decisi a riportare a Teramo una vittoria. E sia beneaugurale il fatto che una volta che questo avvenne, in una delle tante ripartenze, si ripartì con un 10-0 contro il Nereto.

Tante le cose che si potrebbero  dire a margine della serata di ieri sera, ma tante anche le cose che si potrebbero, e forse si dovrebbero, tacere. Non tacerò il fatto che quest’anno saranno assai poche le trasmissioni televisive sul calcio teramano, al contrario degli anni passati. Circostanze generiche e altre specifiche hanno determinato una drastica contrazione, ma d’altro canto certamente non entusiasma, dopo aver commentato l’anno passato Reggiana-Teramo, quest’anno commentare un Villa Mattoni-Teramo.

Altra cosa che non tacerò è che saranno tante le difficoltà che la nuova società dovrà affrontare e altrettanto quelle che dovrà affrontare la nuova squadra. Vincere, come ha sottolineato il presidente onorario Cerulli Irelli, non è mai facile e non si vince sulla carta. Per vincere si deve combattere e lottare, non solo su eleganti prati sintetici, ma anche su polverosi campetti della periferia urbana e della provincia. Resta poi il difficile problema di dove si giocheranno gli incontri. Molti dei campi delle squadre avversarie sono inadeguate ad accogliere la tifoseria teramana, specie se questa dovesse alla fine convincersi tutta a sposare la nuova realtà, come seppe fare nella ripartenza del 2008 e come ha mostrato finora di non voler fare in questa del 2022. Ma anche gli incontri casalinghi, si dice da molti, in primis dal Sindaco, dovranno tornare a disputarsi non più extramuros, ma a Teramo. Ma chi sosterrà i costi del “Bonolis”, il cui gestore non farà lo sconto di nemmeno un centesimo per cederlo almeno per giocare la partita di campionato?

E chi resisterà alla voglia di non dare nemmeno un euro a chi ha distrutto una squadra in tre anni, con il sospetto che lo abbia fatto per dispetto, non per carenza di risorse, continuando il soggetto ad investire in altri campi, pure poi disinvestendo subito dopo, vedi quello televisivo, quali il campo immobiliare e della ristorazione? Io penso che, se fosse vissuto nell’antica Atene, un tale soggetto sarebbe stato cacciato con onta dalla città. Il provvedimento si chiamava ostracismo, e uccidere in tre anni una squadra di calcio è ai miei occhi colpa assai più grave di quella per la quale venne cacciato da Atene Alcibiade: aver distrutto di notte le erme, cioè le statue di Ermes. Invece a Teramo c’è ancora chi lo riverisce, ma Teramo è piena di gente disposta a riverire chiunque si mostri con quattro monete tra le mani promettendo di sotterrarle in un campo dei miracoli, per vedere produrre benefici frutti non per sé, ma per la collettività.

Allora io mi auguro che si trovi una soluzione per consentire alla nuova squadra di giocare a Teramo, ma non al “Bonolis”, e in attesa che si dia avvio al progetto di ristrutturazione ed adeguamento del Vecchio Comunale. Il sindaco D’Alberto, da me incontrato in piazza ieri sera, mi ha tolto dalla mente alcuni sospetti (di abbattimento), e mi ha prospettato vaghe possibilità ed intenzioni, promettendomi un incontro personale esplicativo, ha negato quanto affermato, secondo voci a me giunte indirettamente, alcune asserzioni di un consigliere di maggioranza, secondo cui andrebbe “raddrizzata” la curva della circonvallazione e perciò abbattuta la tribuna. Sono uscito dall’incontro alquanto rinfrancato, anche se solo parzialmente, ma voglio avere fiducia.

Il mio “c’ero” si trasforma in conclusione di questo scritto in un “ci sarò” riguardo alla prima partita del nuovo campionato di quella squadra che si chiama Città di Teramo, ma che per me – e spero lo sia per molti altri – è già il Teramo. Per questo mi è molto piaciuto quanto detto dal nuovo allenatore ai suoi giocatori al primo raduno sul campo dell’Acquaviva: “Non siete qui per fare la Promozione, siete qui per fare il Teramo”. Mai frase fu più giusta ed epica. La ricorderemo, come ricordiamo le frasi celebri pronunciate da altri più illustri personaggi in circostanze storiche assai più importanti, tipo “O Roma o morte”, “Qui si fa l’Italia o si muore”. Noi diremo a Montorio: “Noi non siamo una squadra di Promozione, siamo il Teramo”. Lo diremo con orgoglio, ma non dovrà suonare come presunzione, quanto piuttosto come umiltà, di chi si rimbocca le maniche e fatica, non di chi, tra i tanti brevetti dal cui frutto ha tratto ricchezza tanto esibita, ne vanta uno che definirei: “Come distruggere una squadra di calcio in soli tre anni”. Ma io il personaggio lo conoscevo da tempo e ne conosco tanti che vivono al motto “Armiamoci e partite”, o per, dirla alla teramana: “Se non mi date il rigore, m’arpìje lu pallone e me ne vaje”.
D’altro canto, è difficile per chiunque sia  stato un caudatario tutta la vita non pensare che tutti quanti gli altri debbano reggere la sua e non stupirsi che qualcuno si rifiuti di reggerla. Amen.

Elso Simone Serpentini